Mia figlia ha
appena terminato il primo anno di liceo, ed è una ragazza molto motivata e
scrupolosa nello studio (sicuramente più di quanto lo fossi io alla sua età…).
Qualche mese fa
ho quindi passato diverse serate a fare da “cassa di risonanza” dei suoi
ripassi in vista delle interrogazioni di fine anno.
Una in
particolare, a cui teneva molto, riguardava la storia romana del periodo
monarchico e repubblicano (fino alle Guerre Puniche).
Lei esponeva, io
ero incaricato di fare domande… infinite ripetizioni, alla fine anche le gatte
di casa sapevano tutto delle guerre tarantine e dell’assedio di Sagunto.
Una cosa che mi
ha colpito – una quarantina d’anni fa l’avevano raccontata anche a me, immagino,
ma nel frattempo me l’ero abbondantemente scordata – è la descrizione della
strategia politica romana nel periodo in cui Roma era ancora una città-stato,
in posizione di predominio rispetto ai suoi “confederati” (che però non erano
ancora stati trasformati in province).
La strategia
aveva come punto essenziale, molto semplicemente, quello di trattare abbastanza
bene qualcuno, e molto male qualcun altro.
E’ il ben noto
principio del divide et impera.
Differenziando i trattamenti, eviti che i tuoi “confederati” (nella sostanza,
in effetti, tuoi subordinati) si alleino ai tuoi danni.
La posizione
della UE nei confronti degli Stati europei, nel corso dell’eurocrisi, ha
seguito lo stesso principio. Si spiega così, ad esempio, la rigidità applicata
ad alcuni paesi (Italia, Grecia) e niente affatto ad altri (Francia, Spagna)
riguardo ai limiti di deficit pubblico.
Per questo sono
scettico quando si parla di alleanze con
altri paesi dell’Eurozona che l’Italia dovrebbe costruire per spingere alla
revisione delle regole di funzionamento.
Le alleanze non
si formano, e la ragione è che il divide
et impera continua a essere applicato. Gli spagnoli (per esempio), trattati
meglio degli italiani, eviteranno di entrare in un fronte comune di
opposizione.
L’Italia deve
contare su sé stessa. La sua dimensione politica ed economica gli dà tutto il
peso necessario. I punti chiave sono non sono le alleanze all’interno dell’Eurozona, ma altri due.
Un sufficiente
livello di coesione interna, che nasce dalla determinazione a dare priorità
agli interessi generali del paese.
E la capacità di
disegnare un percorso di revisione efficace e non deflagrante dei meccanismi di
funzionamento dell’Eurozona. Qui entra in gioco la validità tecnica di proposte
come la Moneta Fiscale.
Quanto alle
alleanze esterne, l’unica sponda che potrebbe essere decisiva nello spostare
gli equilibri è quella USA (pura fantasia è che possano giocare un qualche
ruolo Cina e Russia).
Alcune voci al
riguardo sono uscite di recente, ma non ho nessuna idea in merito alla loro
affidabilità. In ogni caso, non serve che gli USA “comprino debito italiano”.
Molto più plausibile e utile sarebbe che esprimessero una valutazione positiva
– è sufficiente a parole – in merito alla capacità della Moneta Fiscale / CCF
di produrre la soluzione della crisi senza alcuna destabilizzazione nè deflagrazione.