Senza un’azione
espansiva sulla domanda, la crisi non si risolverà ancora per molti anni
Il PIL reale
italiano è attualmente inferiore del 9% circa ai livelli del 2007.
L’Eurosistema ha
imposto, nel 2011-2012, pesanti manovre procicliche che hanno affondato
domanda, PIL e occupazione, con gravi ripercussioni su un tessuto economico che
aveva solo parzialmente recuperato gli effetti della “Crisi Lehman”.
La ripresa
dell’economia è impossibile in assenza di una forte azione espansiva sulla
domanda.
In sua assenza,
nella migliore delle ipotesi si continuerà con ritmi di “ripresa” dello zero
virgola o dell’uno virgola, senza alcun effettivo recupero di occupazione.
Gli investimenti
rimarranno bassissimi, il tessuto produttivo continuerà a deteriorarsi, non si
otterrà alcun significativo recupero di produttività e di competitività.
Questo scenario
sconfortante, in assenza di interventi, può proseguire inalterato per decenni.
Titoli di natura
fiscale per promuovere la ripresa
I titoli di natura
fiscale, o “moneta fiscale”, sono strumenti finanziari che danno diritto al
possessore di ridurre pagamenti altrimenti dovuti alla pubblica
amministrazione, per tasse, imposte, contributi sociali o pensionistici, ecc.
Lo Stato italiano
può emettere “moneta fiscale” per effettuare azioni di espansione e supporto
della propria economia:
integrazione di
redditi da lavoro
miglioramento del
cuneo fiscale a vantaggio delle aziende
interventi di
spesa sociale
finanziamento o
co-finanziamento di investimenti pubblici
supporto al
settore bancario, eccetera.
Titoli di natura
fiscale: possibili caratteristiche
La “moneta
fiscale” può essere emessa in varie forme e strutture tecniche. Ad esempio:
Certificati di
Credito Fiscale (CCF):
titoli che vengono emessi e assegnati gratuitamente a lavoratori, famiglie,
aziende, ecc., e che danno diritto a beneficiare di sconti fiscali a partire da
una data futura prestabilita. Per esempio, a gennaio 2017 si cominciano a emettere
CCF che saranno utilizzabili a partire da gennaio 2019 (due anni dopo).
I CCF peraltro,
rappresentando un diritto certo a un beneficio fiscale futuro,
hanno valore fin dal momento dell’assegnazione. Il valore sarà presumibilmente
pari al valore dello sconto fiscale a termine, al netto di un modesto tasso di
attualizzazione. Il possessore potrà vendere CCF sul mercato contro euro. E’
inoltre plausibile che i CCF verranno accettati come corrispettivo per
operazioni di compravendita di beni e servizi.
Obbligazioni CDP a
valenza fiscale:
un’agenzia pubblica, per esempio la Cassa Depositi e Prestiti, emette titoli
obbligazionari che, a partire da una data futura prestabilita, possono essere
usati dal possessore per ottenere sconti fiscali. Se quest’ultima opzione viene
esercitata, lo Stato diventa creditore dell’emittente (CDP) in luogo del
possessore originario del titolo.
Le obbligazioni
CDP possono essere collocate sul mercato per raccogliere euro, o anche
utilizzate direttamente per finanziare investimenti pubblici, supportare il
rafforzamento del sistema bancario (es. via Fondo Atlante: vedi nel seguito)
ecc.
Titoli di natura
fiscale: non sono debito ai sensi delle normative UE
La “moneta
fiscale” non è debito. Lo Stato non si impegna a rimborsare in euro la “moneta
fiscale” emessa, ma solo ad accettarla a riduzione di impegni finanziari futuri
nei suoi confronti.
Il regolamento
Eurostat 2010 e le successive integrazioni configurano senza ambiguità la
“moneta fiscale” come un credito tributario “non pagabile” (in quanto
non soggetto a essere rimborsato in cash).
Questo strumento,
ancorché se ne debbano valutare gli effetti nei documenti di programmazione in
termini di eventuali “minori entrate”, non può in alcun modo essere qualificato
come “spesa” né come “debito” nella contabilità pubblica e nei documenti
consuntivi di finanza pubblica. All’atto dell’emissione, di per sé, non si crea
alcun peggioramento degli equilibri di bilancio imposti dai Trattati e dalla
normativa europea.
Peraltro, il regolamento
Eurostat prevede che l’effetto di “minori entrate” ai fini della programmazione
finanziaria è esso stesso “eventuale”: conta l’effetto netto dato dall’utilizzo
previsto dello strumento da parte dei titolari - al netto appunto del maggior
introito tributario dovuto all’effetto espansivo sull’economia indotto
dall’introduzione dello strumento medesimo.
L’effetto netto addirittura
potrebbe essere di “maggiori entrate” qualora il secondo elemento della
differenza dovesse superare il primo.
Titoli di natura
fiscale: clausole di salvaguardia per garantire che non si avrà mai incremento
di debito
Le emissioni di
CCF potranno essere suddivise in modo da far leva su vari fattori di espansione
della domanda interna e di miglioramento di competitività del sistema
produttivo italiano.
Su una dimensione
totale a regime, per esempio, di 120 miliardi annui (vedi seguito) si può
ipotizzare una ripartizione del tipo seguente:
IR = Integrazione
di redditi da lavoro, 40 miliardi annui.
CF = Assegnazioni
alle aziende a riduzione del cuneo fiscale, 40 miliardi annui.
SS = Interventi di
spesa sociale, 20 miliardi annui.
IO = Investimenti
e opere di pubblica utilità, 20 miliardi annui.
La parte destinata
alle aziende, a titolo di riduzione del cuneo fiscale (CF), si traduce in una
riduzione dei costi di lavoro dipendente pari al 9% circa, tenuto conto che
tali costi equivalgono oggi all’incirca a 450 miliardi annui.
Questa riduzione
corrisponde a un beneficio della stessa percentuale per il CLUP medio delle
aziende italiane, e quindi a un incremento di competitività. Si ottiene il
risultato di incentivare le esportazioni e anche di far recuperare quote di
mercato interno ai produttori domestici.
Le assegnazioni di
CCF, in ogni singolo anno, daranno luogo, ceteris
paribus, a riduzioni di gettito fiscale a due anni di distanza. Ipotesi
cautelative sull’espansione di PIL reale e nominale conseguenti alla maggiore
circolazione di potere d’acquisto e al recupero di competitività delle aziende,
consentiti dal progetto CCF (vedi seguito) portano a stimare che la crescita di
gettito prodotta dalla ripresa sarà superiore al calo dovuto all’utilizzo dei
CCF.
E’ comunque
possibile introdurre un sistema di clausole di salvaguardia che preveda azioni
compensative da attuare solo se, e nella misura in cui,
l’effetto espansivo dei CCF su PIL e gettito sarà inferiore alle attese.
A titolo di
esempio, le clausole di salvaguardia potrebbero agire su:
IVA = aliquote
IVA, fino a un massimo di 56 miliardi annui.
IMU = imposte
sugli immobili, fino a un massimo di 32 miliardi annui.
RS = revisioni di
spesa, fino a un massimo di 32 miliardi annui.
E la ripartizione
temporale degli interventi potrebbe essere la seguente
TI = totale
interventi espansivi mediante assegnazioni di CCF
TU = totale
utilizzi CCF effettuati dagli assegnatari
CDS = massima
attivazione possibile delle clausole di salvaguardia
2017 2018 2019 2020 2021 2022 e successivi
IR 10 20 30 40 40 40
CF 10 20 30 40 40 40
SS 5 10 15 20 20 20
IO 5 10 15 20 20 20
TI 30 60 90 120 120 120
TU 30 60 90 120
IVA 14 28 42 56
IMU 8 16 24 32
RS 8 16 24 32
CDS 30 60 90 120
L’eguaglianza TU =
CDS in ogni singolo anno garantisce la totale compatibilità del progetto CCF
con i vincoli di bilancio previsti da normative, trattati e regolamentazioni
UE.
Ancora sulle
clausole di salvaguardia
A livello
normativo, il provvedimento di legge che definirà, anno dopo anno, le
assegnazioni di CCF, potrà come visto contemplare anche una serie di interventi
(in termini di minori spese o di maggiori entrate fiscali), operativi nel
medesimo anno in cui i CCF diventano utilizzabili per conseguire sconti
fiscali.
Questi interventi
verranno attuati solo nel caso (e nella misura) in cui l’effetto espansivo sul
PIL non produca, nei due anni intercorrenti tra le assegnazioni e gli utilizzi
dei CCF, maggior gettito fiscale in misura pari agli utilizzi medesimi (e fatte
comunque salve le possibili azioni descritte sub UNO, DUE e TRE nel seguito).
I CCF assegnati
assumono la veste di un titolo liberamente negoziabile e trasferibile, e
costituiscono un accrescimento immediato di potere d’acquisto e disponibilità
patrimoniali per chi li riceve (e anche, come visto, un miglioramento di
competitività per le aziende a cui sono assegnati a riduzione del cuneo fiscale).
Si noti che questo
impianto normativo smina qualsiasi obiezione in merito alla possibilità che
l’assegnazione di CCF produca maggiore indebitamento. A partire dal 2017 viene
attuata, contemporaneamente,
un’azione di riduzione della fiscalità (l’assegnazione dei CCF) e un’azione di
uguale importo e di segno opposto sui conti pubblici (le clausole di
salvaguardia). Entrambe le azioni hanno la stessa decorrenza temporale (il
2019) riguardo al loro effetto diretto sulle finanze dello Stato. E’ quindi
totalmente garantita la copertura del progetto CCF.
Inoltre,
nell’eventualità in cui l’espansione di PIL risulti, contrariamente alle
previsioni, insufficiente a compensare (due anni dopo le assegnazioni)
l’utilizzo dei CCF, saranno possibili una serie di azioni alternative
(utilizzabili anche in combinazione) per evitare che le clausole di
salvaguardia producano effetti recessivi:
UNO, estensione su
base volontaria delle scadenze di utilizzo dei CCF, offrendo al possessore un
incremento del valore facciale dello sconto d’imposta se utilizzato dopo la
scadenza originaria (in pratica, un tasso d’interesse).
DUE, collocamento
di CCF di lunga scadenza per rimborsare debito in euro.
TRE, in casi
estremi (molto improbabili): mantenere in essere i tagli di spesa o gli
incrementi di imposte originariamente pianificati, compensandoli però con
erogazioni addizionali di CCF.
Emissioni di CCF e
loro impatti economici
In termini reali,
il PIL italiano 2015 è stato inferiore di circa 150 miliardi di euro rispetto
ai livelli raggiunti subito prima dell’inizio della crisi (2007).
Il progetto CCF
può essere attuato in dimensioni adeguate a far recuperare questo “vuoto” di
PIL.
Si può partire per
esempio nel 2017 con 30 miliardi di assegnazioni annue, e incrementarle
gradualmente fino a 120 nel giro di quattro anni.
Con un
moltiplicatore fiscale (*) di 1,25, un’azione espansiva della domanda di 120
miliardi genera, appunto, maggior PIL per 150 (= 120 x 1,25). Rispetto
all’attuale livello di 1.700 miliardi circa, questo equivale a un recupero del
9% circa, quindi 2% abbondante all’anno.
(*) Il moltiplicatore fiscale
misura l’incremento del PIL reale prodotto da un'azione di politica economica
espansiva (maggiore spesa pubblica, minori tasse o azioni di qualunque natura
che incrementino il potere d’acquisto in circolazione). Nei dati riportati in
questa nota, si suppone che l’incremento annuo delle assegnazioni di CCF
produca un’espansione del PIL reale pari a 1,25 l’importo dell’incremento
stesso, ipotesi basata sulle stime prevalenti riferite a economie che
recuperano da un contesto di domanda depressa. Si veda tra
gli altri “Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers, Olivier Blanchard /
Daniel Leigh, IMF Working Paper, 2013: https://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2013/wp1301.pdf.
L’intervallo ivi
stimato è 0,90 – 1,70. Si è qui utilizzato il valore medio (1,30) ridotto a
1,25 per tenere conto di un effetto di attualizzazione del valore dei CCF
assegnati, dovuto al differimento di due anni della loro utilizzabilità.
Poiché i CCF sono
utilizzabili come sgravi fiscali due anni dopo la loro emissione, come già
visto gli utilizzi resteranno inferiori alle assegnazioni in tutti gli anni
precedenti il 2022:
Anno 2017 2018 2019 2020 2021 2022 e oltre
Assegnazioni 30 60 90 120 120 120
Utilizzi 0 0 30 60 90 120
Nell’anno in cui
la situazione va a regime (2022) oltre al beneficio di 150 miliardi (sul PIL
reale) sopra citato, è ragionevole mettere in conto che si sia prodotta
maggiore inflazione, grazie al generale contesto di ripresa economica e di
riassorbimento dell’output gap.
Ipotizzando un 1%
in più di maggiore inflazione, in sei anni si ottiene un ulteriore incremento
di PIL nominale pari a oltre 100 miliardi (1.700 x 6% = 102).
Complessivamente,
il PIL nominale a regime è quindi circa 250 miliardi più elevato per effetto
del progetto CCF. Poiché l’incidenza delle entrate pubbliche complessive è oggi
poco inferiore al 50%, 250 miliardi di PIL nominale in più producono, appunto,
all’incirca 120 miliardi di maggior gettito, compensando l’utilizzo dei CCF che
annualmente arrivano a scadenza (dal 2022 in poi).
Negli anni
precedenti al 2022, grazie allo sfasamento temporale tra assegnazioni e
utilizzi si creano addirittura eccedenze (maggior gettito lordo superiore agli
utilizzi di CCF), utilizzabili per accelerare il processo di riduzione del
rapporto debito pubblico / PIL. In sintesi:
ANNO
|
|
2017
|
2018
|
2019
|
2020
|
2021
|
2022
|
Maggior
PIL reale
|
38
|
75
|
113
|
150
|
150
|
150
|
Maggiore
inflazione cumulata
|
1,0%
|
2,0%
|
3,0%
|
4,0%
|
5,0%
|
6,0%
|
Effetto
delta inflazione su PIL
|
17
|
34
|
51
|
68
|
85
|
102
|
Maggior
PIL nominale
|
55
|
109
|
164
|
218
|
235
|
252
|
Pressione
fiscale lorda
|
47,5%
|
47,5%
|
47,5%
|
47,5%
|
47,5%
|
47,5%
|
Maggior
gettito lordo
|
26
|
52
|
78
|
104
|
112
|
120
|
Utilizzo
CCF
|
|
|
|
-30
|
-60
|
-90
|
-120
|
Maggior
gettito netto
|
26
|
52
|
48
|
44
|
22
|
0
|
Possibili azioni
di rafforzamento del settore bancario
La “moneta
fiscale” può costituire uno strumento d’intervento per superare gli attuali
problemi di sottocapitalizzazione di alcuni istituti di credito italiani, anche
alla luce dell’elevato livello di crediti deteriorati che si sono formati, in
buona parte, per le condizioni depresse che l’economia italiana attraversa
ormai dal 2008.
Una modalità
possibile è quella precedentemente descritta delle “obbligazioni CDP”: la Cassa
Depositi e Prestiti emette titoli obbligazionari che, a partire da una data
futura prestabilita, possono essere usati dal possessore per ottenere sconti
fiscali. In caso di esercizio di quest’ultima opzione, lo Stato diventa
creditore dell’emittente (CDP) sostituendosi al possessore originario del
titolo.
Le obbligazioni
CDP possono essere collocate sul mercato per raccogliere euro e supportare il
rafforzamento del sistema bancario, per esempio utilizzando la raccolta per
incrementare le disponibilità del Fondo Atlante.
Alternativamente,
se un’operazione di collocamento risultasse problematica da effettuare nei
tempi ristretti imposto dalla situazione, lo Stato potrebbe emettere “moneta
fiscale” e conferirla a CDP in cambio di un credito nei suoi confronti.
CDP a sua volta
conferirebbe la “moneta fiscale” al Fondo Atlante, che potrebbe utilizzarla per
interventi di varia natura (ricapitalizzazioni, acquisti di non-performing
loans, ecc.).