Ho molta stima di Marcello Spanò, docente all'Università dell'Insubria, che considero uno dei migliori economisti italiani (ma non essendo mainstream, difficilmente ne sentirete parlare sui giornaloni paludati).
Qui trovate un suo recentissimo pezzo, del 7 maggio scorso, che invito tutti a leggere e a prendere come spunto di seria riflessione.
I partiti socialisti europei hanno lanciato un appello a liberali e conservatori affinché non cedano alla tentazione di "normalizzare la destra nazionalista" dopo le elezioni. L'orizzonte che si prospetta dopo le prossime elezioni di giugno, come tutti si stanno accorgendo, è un'avanzata dei partiti di destra lepeniana-orbanista-alternativefürdeutschlandista che al momento sono all'opposizione.
Il problema è che queste forze di estrema destra rastrellano voti provenienti
dalle fasce sociali escluse dal benessere economico che i partiti espressione dell'attuale alleanza della commissione Von Der Leyen (tra cui i socialisti) stanno governando da decenni.
Sono movimenti di ispirazione autoritaria che rispondono a una forte richiesta di protezione, sia da parte delle imprese a rischio di sopravvivenza, sia da parte del lavoro precario e povero, sottoposto alla concorrenza del lavoro ancora più precario e più povero proveniente dai confini dell’Europa. Il loro concetto di protezione non è universalistico, ma si fonda sull’esclusione di alcuni soggetti a vantaggio di altri. I soggetti esclusi per eccellenza sono gli stranieri (ma non solo: si pensi per esempio alla questione dei diritti civili e alle politiche per la famiglia).
La destra, quindi, avanza perchè gli esclusi dal benessere economico nel tempo aumentano. Questa semplice considerazione dovrebbe interrogarci tutti, e in primis i partiti che ancora si denominano "socialdemocratici", sul tipo di democrazia che abbiamo costruito in Europa.
La politica e la stessa architettura istituzionale europea si fondano su un compromesso sociale post-fordista, che rompe con quello fordista prevalente fino più o meno agli anni settanta del novecento. Il patto sociale fordista, ormai rottamato, può essere a grandi linee definito come un'alleanza fra una parte del capitale industriale e il lavoro salariato. Il patto post-fordista è invece caratterizzato grosso modo dall'alleanza fra il capitale finanziario e una parte del lavoro salariato. La parte del lavoro salariato che è stata beneficiata da questo nuovo patto sociale è, con una scala di sfumature, quella del lavoro a maggiore qualificazione e ad alto grado di istruzione. Il blocco sociale che sostiene sia il macronismo in Francia, sia l'attuale maggioranza von Der Leyen nell'UE, sia i governi di grossa coalizione tedeschi, sia i governi italiani tutti, è grosso modo espressione di questo patto post-fordista.
Il patto, o compromesso, post-fordista ha progressivamente portato a diverse conseguenze socialmente pericolose: l'incremento delle disuguaglianze, lo smantellamento dello stato sociale l'aumento della precarietà, la crescita delle sacche di povertà, l'estromissione delle fasce sociali popolari dai principali centri urbani, un'alta disoccupazione strutturale. Questi effetti, se da un lato hanno funzionato come strumento per abbassare il grado di conflittualità sociale, che negli anni sessanta e settanta era andato crescendo, dall'altro hanno di anno in anno, di crisi in crisi e di riforma in riforma eroso il consenso politico intorno ai governi di (sempre più) grossa coalizione.
In un contesto in cui il consenso politico intorno agli attori del compromesso post-fordista vacilla, e in cui viene meno il sostegno degli elettori alle "riforme necessarie" (smantellamento dello stato sociale, precarizzazione del mercato del lavoro, redistribuzione dei redditi verso l'alto), la democrazia stessa - dal punto di vista delle classi dominanti - è vista come un ostacolo. Per difendersi dal rischio di delegittimazione e di perdita di egemonia, nel corso degli anni la classe dominante, in mancanza di argomentazioni più convincenti, si è aiutata direttamente con la forza e la violenza di Stato (come in Francia contro chi protestava), oppure agitando lo spauracchio mediatico di un'emergenza o di un pericolo per la democrazia stessa. In Italia (l'avanguardia europea della normalizzazione), il pericolo è stato rappresentato da Berlusconi e i suoi accoliti negli anni novanta, via via normalizzati per fronteggiare l'emergenza dei grillini populisti, successivamente normalizzati per fronteggiare (con l'aiuto dei supertecnici supercompetenti) l'emergenza del pericolo sovranista (va be', adesso questi hanno fatto breccia e sono al governo, ma fanno quello che l'UE e gli USA dicono di fare: chi saranno, allora, i prossimi topi di fogna da normalizzare?). In Francia, il pericolo è transitato in fasi alterne dai terroristi islamici, alla "feccia" delle banlieux, ai lepenisti. Negli anni recenti, grazie anche al pretesto della pandemia, il cambiamento climatico è stato adottato come argomento emergenziale per giustificare sacrifici sociali, favori al grande capitale, ulteriore impoverimento delle fasce medio basse. Nel 2024, alle soglie delle elezioni europee, il pericolo Putin ha preso gran parte della scena un po' ovunque. La destra estrema, peraltro, condivide gran parte dei valori e della filosofia politica di Putin, quindi quale occasione migliore per fare di tutta l'erba un fascio e alimentare la narrazione di una democrazia accerchiata da pericoli esterni?
Alla luce delle considerazioni precedenti, a me sembra tuttavia evidente che ad accerchiare la democrazia oggi non è Putin, non sono i picchiatori fascisti nostrani, ma sono stati, e non da oggi, gli stessi partiti che lanciano l'allarme. E la ragione è semplice: la sopravvivenza del compromesso post-fordista è incompatibile con la democrazia parlamentare come l'abbiamo conosciuta nel dopoguerra.
I socialdemocratici, poi, sono particolarmente ipocriti, perchè per raccogliere voti non esitano a sventolare la bandiera del lavoro, del salario e dello stato sociale, facendo leva su punti di forza, parole chiave, visioni del mondo appartenenti al vecchio patto fordista che loro stessi hanno attivamente contribuito a rottamare. Più che contro la normalizzazione dell'estrema destra, sarebbe opportuno lanciare un appello per la de-normalizzazione dei socialdemocratici europei.