Qualunque sia l’esito della crisi di
governo
Poco prima che
esplodesse la rottura della coalizione gialloverde, all’interno del M5S, grazie
in primo luogo all’infaticabile e tenacissima azione di Pino Cabras, si stava
discutendo in modo serio e approfondito sulla possibilità di dare avvio al progetto CCF.
Non tutti i dubbi
erano stati ancora superati. C’è una serie di soggetti che si temeva, e si
teme, prendano una posizione negativa nei confronti del progetto: i mercati
finanziari, la ragioneria generale dello Stato (RGS), la Banca d’Italia (BdI),
l’ufficio parlamentare del bilancio (UPB), la commissione europea.
Bene. Esaminiamo
le dinamiche che si potrebbero sviluppare in seguito all’annuncio che il
progetto CCF sta per essere varato.
Decimale più
decimale meno, l’Italia conseguirà, nel 2019, un deficit pubblico del 2% circa.
La commissione UE
vorrebbe vedere una legge di bilancio 2020 che riduce questo deficit, per
esempio all’1,5%. Se il governo la presentasse in questi termini, arriverebbe
senz’altro anche il placet di RGS,
BdI e UPB.
Problema: se
l’Italia si limita a questo, il PIL reale resterà inchiodato a
livelli di stagnazione. Probabilmente variazione zero, che forse diventerà +1%
in caso di forte ripresa mondiale, ma potrebbe facilmente scivolare (al
contrario) in territorio negativo se qualcosa, nell’economia internazionale,
andasse storto: inasprimento delle tensioni commerciali tra USA e Cina, Brexit
“disordinata”, o mille altre possibili cose che oggi non ci immaginiamo.
In ogni caso, la
disoccupazione non diminuirebbe, la povertà rimarrebbe a livelli inaccettabili,
i giovani più promettenti e qualificati continuerebbero a emigrare, l’economia
italiana perderebbe ulteriore terreno nei confronti degli altri paesi europei.
Esaminiamo ora la
seguente alternativa.
L’Italia approva
una legge di bilancio con l’1,5% di deficit, e nello stesso tempo, in aggiunta, introduce 30 miliardi di
CCF, da emettere durante il 2020.
I CCF sono destinati
a rafforzamento del reddito di cittadinanza, riduzione del cuneo fiscale,
abbassamento della tassazione a favore delle fasce di reddito medie e basse,
assunzioni e investimenti nel settore pubblico.
I CCF daranno
diritto a sconti fiscali nel 2022 (due anni di dilazione tra assegnazione e
utilizzo). Per il 2022 si predispongono contestualmente, per legge, interventi
compensativi (per esempio su IVA e tassazione degli immobili di pregio) che
valgono anch’essi 30 miliardi.
Se, come è lecito
aspettarsi sulla base di ipotesi del tutto verosimili, l’assegnazione di CCF – che
hanno valore fin da subito, perché incorporano un diritto certo – produrrà
una sufficiente spinta su domanda, investimenti, consumi e occupazione, si avrà
una crescita di gettito fiscale che consentirà, nel 2022, di abrogare gli
interventi compensativi di cui sopra.
Nel caso invece
ciò non avvenisse – o avvenisse solo in parte – gli interventi compensativi
rimarranno in essere, nella misura necessaria.
In pratica, in
nessuna ipotesi l’introduzione dei CCF darà luogo a una crescita di
indebitamento rispetto ai livelli prevedibili in loro assenza. Mentre
con ogni probabilità si avrà un forte recupero di PIL, e una consistente
riduzione del rapporto debito pubblico / PIL.
Questa
argomentazione è semplicissima da spiegare, in modo del tutto convincente, ai
mercati finanziari. Dove opera gente che può riuscire più o meno simpatica, ma
che di sicuro guarda al nocciolo delle questioni e a quanto è di loro interesse
(in sintesi: fare soldi).
E gli altri ? RGS,
BdI, UPB, commissione UE ?
Beh, ricordiamoci
una cosa: tutti questi organismi ci “illuminano”, spesso anzi di continuo, con
i loro suggerimenti. Ma non ci danno un centesimo. Alle
loro opinioni, è corretto prestare attenzione. Ma non vedo come possano
confutare le argomentazioni sviluppate qualche paragrafo fa.
Ho sentito dire
che secondo qualcuno i CCF potrebbero essere considerati incremento di debito
fin dall’emissione “perché circolano” (quando la discriminante tra debito e non
debito, ai sensi Eurostat ed ESA, non è di essere associato a un titolo
circolante, ma di dar luogo a impegni di pagamento: il che non è il caso per i
CCF).
Oltre a essere
incoerente con trattati e regolamenti, questo tema è comunque irrilevante ai
sensi della rischiosità del debito pubblico italiano. Il rischio è connesso a
un impegno di pagamento privo di coperture. Sotto questo profilo, che l’impegno
sia incorporato in un titolo circolante non aggiunge né toglie nulla. E nel
progetto CCF come sopra delineato, l’impegno di pagamento non esiste, e le
azioni compensative (nell’improbabile caso che si rendano necessarie) sono già
predisposte per il 2022.
Se qualcuno,
chiamato a esprimere un’opinione, affermasse qualcosa di differente, avrei il
netto sospetto di essere in presenza di un Don Abbondio che cerca di
“giustificare” a Renzo di dover soprassedere al matrimonio con Lucia. Ricordate
i “Promessi Sposi” ?
“Noi
poveri curati siamo tra l’incudine e il martello; voi impaziente, vi compatisco
povero giovane; e i superiori… basta, non si può dir tutto. E noi siamo quelli
che ne andiam di mezzo”. “Ma mi spieghi una volta cos’è questa formalità che
s’ha da fare, come dice; e sarà subito fatta”. “Sapete voi quanti sono gli
impedimenti dirimenti ?” “Che vuol che io sappia d’impedimenti ?” “Error,
conditio, votum, cognatio, crimen, cultus disparitas, vis, ordo, ligamen,
honestas, si sis affinis…” cominciava Don Abbondio, contando sulla punta delle
dita. “Si piglia gioco di me ?” l’interruppe il giovane, “che vuol che io
faccia del suo latinorum ?”
Abbiamo a che fare
con dei Don Abbondii ? può essere, come può essere che esistano dei Don
Rodrighi. Ma non bisogna farsene condizionare.
Il punto chiave è
un altro. E’ nelle attribuzioni del parlamento italiano dare avvio al progetto CCF.
E sappiamo come strutturarlo in modo da non avere ostacoli da parte dei mercati
finanziari: in quanto li tuteliamo come e meglio di oggi, relativamente a
quanto è di loro interesse - la solvibilità e il rifinanziamento del debito
esistente.