Ho già detto varie volte che apprezzo l’onestà intellettuale di Wolfgang Munchau, un sincero europeista, ormai da tempo completamente disilluso in merito alla possibilità che il processo di integrazione europea arrivi da qualche parte.
Però è anche giusto sottolineare che, se Munchau ha ragione per quanto attiene alle conclusioni, spesso e volentieri basa le sue argomentazioni su presupposti tecnicamente sbagliati.
Ne è un esempio questo articolo, che contiene, su temi di macroeconomia, diversi errori marchiani.
Il primo sta nel seguente passaggio: “I see no trajectory whatsoever for Italy to generate the degree of productivity growth needed to render its foreign debt sustainable”. Che indicherebbe che l’Italia ha un problema di debito ESTERO.
Totalmente errato. L’Italia ha una Net International Investment Position positiva: i residenti italiani possiedono più attività patrimoniali all’estero di quante gli stranieri ne detengano in Italia. E il saldo è in continua crescita perché l’Italia, dal 2014 in poi, continua a generare decine di miliardi all’anno di surplus commerciali esteri.
L’Italia non ha un problema di sostenibilità del debito ESTERO. Ha un problema di sostenibilità del debito PUBBLICO, che tuttavia non ha nulla a che vedere con la residenza dei creditori (che per inciso sono italiani per oltre il 70%).
Il rischio che il debito pubblico italiano divenga insostenibile è esclusivamente legato al fatto che è espresso in una moneta estera – l’euro – che l’Italia non emette; moneta sopravvalutata per i fondamentali dell’economia italiana.
Più avanti si legge: “Money is a liability similar to bonds, except that the maturity is shorter”. Anche questa è una pesante “imprecisione”. La moneta ha una banalissima, evidentissima differenza rispetto alle obbligazioni: non deve essere rimborsata. Una differenza di ben poco conto se i bonds sono denominati in moneta sovrana e pienamente garantiti dal proprio istituto di emissione. Una differenza di enorme portata se uno Stato si indebita in moneta che non emette – come l’euro (vedi sopra).
Poche righe dopo: “A real eurobond would have been a debt instrument of a federal fiscal union with limited tax raising powers. In that scenario, the ECB would still have been able to buy debt, but only EU-level debt, meaning volumes of a much smaller magnitude. National debt would have become sub-sovereign. Member states thus could have defaulted without risking the stability of the union”.
Affermazione veramente strampalata. Secondo Munchau, la pietra filosofale sarebbero gli eurobond, ma per il fatto stesso di esistere, sia pure in quantità limitata. Ne emetti un po’, il debito degli Stati diventa di livello inferiore (rispetto agli eurobond) e “quindi” (?????) gli Stati membri possono andare in default “senza mettere a rischio la stabilità dell’unione [monetaria]”.
CIOÈ ???? l’Italia sostituisce per esempio un 5% del suo 150% di debito pubblico con eurobond e a quel punto un suo default “non mette a rischio la stabilità dell’eurozona” (mentre prima sì) ?
La logica di questa (non-)argomentazione sfugge totalmente. Eppure Munchau ha in mente proprio quegli ordini di grandezza: non la conversione totale dei debiti pubblici statali in eurobond, ma qualche punto percentuale. Lo dice chiaramente poco dopo: “A federal Europe… could have been one of the leanest sovereigns in the world, with a budget of some 5% of GDP”.
Munchau ha ragione ad affermare che la trasformazione dell’Eurozona e della UE in una vera unione economica, per non dire politica, richiede cose che non c’è la minima volontà di attuare. Ma quello che propone lui (“un po’ di eurobond”) non otterrebbe né l’unione politica, né l’unione economica, né la stabilizzazione dell’Eurozona.
La stabilizzazione dell’Eurozona senza passare tramite la
rottura dell’euro è possibile, ma la strada è totalmente diversa. È il progetto Moneta Fiscale.