lunedì 30 giugno 2014

Cialtronate & soluzioni

Poi non dite che su questo blog pubblico solo i commenti favorevoli... la presentazione di Ferrara ha avuto eco sui media online locali, scatenando anche reazioni verbali alquanto vivaci.
Claudio Bertoni si sta attivando per organizzare il dibattito pubblico di cui si parla in questo secondo articolo.
Vi tengo aggiornati...

giovedì 26 giugno 2014

QUESTA crisi era stata prevista


Dicevo nell’ultimo post, a proposito del validissimo articolo di Giorgio Ponziano apparso su Italia Oggi pochi giorni fa, che una piccola chiosa mi sento in dovere di farla. Anzi, pensandoci meglio, due.

Ponziano dice “Cattaneo non appartiene né ai circoli economici blasonati (che non hanno saputo prevedere la crisi) né al manipolo dei velleitari che vorrebbero stracciare l’euro, al contrario la sua ricetta potrebbe servire a salvare la moneta unica, riformandola”.

E’ così, certamente, anche se dopo aver messo in sicurezza l’odierno eurosistema, rimane aperta la possibilità di un’evoluzione che porti all’uscita integrale dall’euro nel giro di qualche anno, sempre senza strappi e deflagrazioni: le linee  fondamentali di questo eventuale sviluppo le indicavo qui.

L’altra chiosa riguarda l’affermazione che “i circoli economici blasonati” non hanno saputo prevedere la crisi. Questo è verissimo se parliamo della crisi finanziaria del 2008: ma va detto, per prima cosa, che gli economisti più noti, se è vero che hanno avuto questo limite, sono in ottima compagna. Neanche la maggior parte dei più affermati gestori di fondi, operatori finanziari, investitori e commentatori economici l’ha prevista. Le crisi finanziarie dovute a un eccesso di euforia speculativa hanno l’abitudine di avvenire quando, appunto, la maggioranza degli esperti non le prevede. Se no, non si svilupperebbe né la bolla speculativa né il crollo conseguente…

Tutto ciò vale per la crisi finanziaria del 2008. Ma per quanto riguarda la crisi dell’eurosistema, che ha investito l’Italia in pieno a partire dal 2011, l’elenco dei prestigiosi economisti che avevano denunciato il rischio e spiegato come e perché l’euro era, nella migliore delle ipotesi, inutile, e nel peggiore (ma probabile) scenario rischiava di dissestare le economie di mezza Europa, è decisamente corposo. Qui trovate una buona sintesi, da cui peraltro mancano altri nomi celebri.

In realtà la dottrina economica si era pronunciata in maniera molto chiara riguardo alla moneta unica europea. E’ stata la politica a non tener conto dell’opinione degli economisti.

Ai “circoli blasonati” casomai mi sento di muovere una critica differente. Quella di proporre vie di uscita che presuppongono un consenso politico che non esiste, e che non sembra prossimo a formarsi in un futuro prossimo. In pratica, vie che chiedono qualcosa ai tedeschi:

accettazione da parte della Germania di alti livelli di inflazione salariale per diversi anni (per riequilibrare il costo del lavoro per unità di prodotto tra Nord e Sud Europa, senza costringere quest’ultima al disastro economico e sociale che l’austerità e la deflazione dei redditi stanno provocando)

oppure trasferimenti intra-Eurozona (che, analogamente, funzionerebbero se, in parte sufficiente, andassero a finanziare detassazioni del costo del lavoro nei paesi che li ricevono).

Per quanto attiene alla Riforma Morbida, quello che mi sembra interessante, e realmente innovativo rispetto al pensiero economico “mainstream”, è appunto che può essere adottata per iniziativa autonoma di ogni paese oggi in situazione problematica, SENZA che si debba chiedere qualcosa alla Germania di fare qualcosa. E senza passare dalle complicazioni di una rottura deflagrante della moneta unica europea. Che sono le principali ragioni per cui la ritengo non solo tecnicamente, ma anche politicamente, una via con probabilità di successo molto più elevate.

martedì 24 giugno 2014

Un'ottima sintesi

apparsa pochi giorni fa su Italia Oggi, a firma di Giorgio Ponziano che, come già in precedenza Tino Oldani recensendo il libro sulla medesima testata, dimostra di aver approfondito e compreso il concetto dei Certificati di Credito Fiscale.
Ho solo una piccola chiosa su un passaggio dell'articolo ma... sono di fretta, vi dico domani o dopo nel prossimo post...

giovedì 19 giugno 2014

Casalecchio di Reno, sabato 21 giugno

SABATO 21 GIUGNO 2014, alla Casa della Solidarietà “ALEXANDER DUBCEK”
Via del Fanciullo n° 6 Casalecchio di Reno (BO)

ore 9,30-13,30
 
UN PROGETTO CONCRETO PER RILANCIARE L’ECONOMIA
dai Certificati di Credito Fiscale alla Sovranità Monetaria
 
relatori:

Dott. MARCO CATTANEO
economista, Private Equity
 
Prof CLAUDIO MOFFA
storico e saggista
 
Dott. GIOVANNI ZIBORDI
economista e analista di borsa
 
ORGANIZZA:CENTRO STUDI “PROGETTO VERITA’”
per informazioni : Claudio : 347 38 13 320

mercoledì 18 giugno 2014

Riforma Morbida e normative UE


Biagio Bossone mi chiede che cosa penso in merito al rischio che l’emissione di Certificati di Credito Fiscale a favore delle aziende possa essere configurata come “aiuto di Stato” ai sensi delle normative UE.

Biagio stesso mi fa notare, peraltro, che gli aiuti di Stato vengono ritenuti (dalla Commissione Europea medesima) utilizzabili quando perseguono obiettivi “di comune interesse” quali tutela ambientale, formazione, lotta alla disoccupazione, incremento delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione, promozione del capitale di rischio, eccetera. In generale, l’aiuto deve essere volto a correggere un’imperfezione di funzionamento del mercato.

Non sono un esperto di normative UE, ma il punto chiave mi pare il seguente. Se interpretiamo le normative in modo molto rigido e formale, il dubbio è legittimo, ma allora si pone, ad esempio, per qualsiasi intervento che riduce il carico fiscale e contributivo sul lavoro: prime fra tutte le riforme Hartz introdotte in Germania nel 2003-2004.

Se facciamo invece riferimento a una serie di principi basilari e di obiettivi generali che l’Unione Europea ha, in molteplici sedi, affermato e ribadito di voler conseguire, tra cui in particolare lo sviluppo armonico delle economie dei vari paesi e l’inclusione sociale (che comporta di garantire al meglio l’occupazione e le possibilità di sviluppo e crescita dei singoli individui) la Riforma Morbida (o qualcosa che raggiunga le medesime finalità) non è affatto una violazione delle normative e dei trattati, ma anzi lo strumento per conseguirne gli obiettivi.

Non solo si è coerenti con normative e trattati: si percorre, in realtà, la sola via possibile per essere adempienti nei loro confronti.

Se vogliamo, è un problema della stessa natura di quello che si è posto per i vari interventi della Banca Centrale Europa – l’OMT, il “whatever it takes” di Draghi eccetera. I dubbi di coerenza con i trattati esistevano ed esistono – e sono stati posti, eccome, anzi continuano ad esserlo. Il punto è che senza quegli interventi l’Eurozona oggi non esisterebbe più…

domenica 15 giugno 2014

120 persone di venerdì sera

con i mondiali di calcio in pieno svolgimento, che vengono ad ascoltare e a partecipare attivamente a tre ore di presentazione e dibattito su temi di macroeconomia, non sono uno scherzo.
Qui trovate un sintetico resoconto.
Il merito va a Claudio Bertoni e a tutto il Gruppo di Ferrara, che si prodigano da due anni (300 incontri tenuti) per divulgare, sensibilizzare e informare. Non allo scopo di creare un'associazione formale o un partito politico, ma di far comprendere a qualunque cittadino, disposto a investire un po' di tempo e di attenzione, le cause della crisi economica e le sue possibili soluzioni.
Perché siamo finiti nella situazione odierna per tante ragioni, e gli interessi costituiti e la malafede di chi li persegue spesso giocano un ruolo importante.
Ma ostacoli forse ancora maggiori sono la disinformazione e la tirannia dei luoghi comuni. E contro questi, operando come fanno a Ferrara, si può fare moltissimo.

venerdì 13 giugno 2014

Vie di uscita politiche: le possibilità sono varie


Conversando su social network, il post elezioni europee mi dà la sensazione di aver lasciato uno strascico di umore pessimista tra quanti puntano al recupero della sovranità monetaria come strada per uscire dalla crisi economica.

Il risultato PD è andato, chiaramente, molto al di là delle attese ed è stato una delusione per gli euroscettici italiani. Se guardiamo alla situazione europea nel suo complesso il panorama è differente, ma…

In Francia Marine Le Pen ha sfondato, ma questo non implica né che succeda qualcosa prima del 2017, e nemmeno che il Front National vinca le elezioni presidenziali in un ballottaggio dove si compatteranno (contro di lei) i partiti tradizionali.

Nel Regno Unito, UKIP è risultato il primo partito e che gli inglesi escano dall’Unione Europea è a questo punto un evento con probabilità molto alte. Ma il Regno Unito non è nell’euro, quindi per gli assetti dell’eurosistema non è chiaro se questo possa o debba avere qualche tipo di conseguenza.

Interessante il risultato di AfD in Germania, ma rimane, comunque, uno schieramento minoritario.

Syriza è ora il primo partito in Grecia, ma è antiausterità, non antieuro.

Podemos e altri gruppi di sinistra spagnoli sono fortemente cresciuti, ma è remota (per adesso) la possibilità che sconfiggano popolari e/o socialisti e/o una (non improbabile) loro coalizione.

Tutto questo è vero, ma nel valutare la situazione politica, invito a non trascurare che, nella storia, molte istanze hanno avuto successo in quanto diffuse e sostenute da forze di opposizione, che non sono mai arrivate al potere ma ne hanno comunque imposto l’adozione ai partiti di governo, sotto la pressione dell’opinione pubblica.

In Francia per esempio non è molto difficile immaginare che la Le Pen non vincerà un’elezione politica, proprio in quanto UMP e/o PS adotteranno qualcosa di simile alla Riforma Morbida appunto perché non ci saranno altre vie per fermarla.

In Italia oggi è meno chiaro chi potrebbe svolgere un ruolo di “sblocco” analogo, ma le possibilità in effetti esistono e sono di vario tipo.

M5S che finalmente prende una posizione ben definita ?

Un centrodestra che si organizza lungo linee sovraniste ?

Renzi stesso che a un certo punto si sente abbastanza forte da prendere una strada di autonomia e di crescita economica (pur non rinnegando, a parole, i dogmi euristi, ma svuotandoli in pratica di contenuto ?)

Ognuna di queste cose presa a sé appare improbabile, certo.

Ma tra le tante improbabili, è possibilissimo invece che una (di queste o un’altra ancora) si verificherà.

giovedì 12 giugno 2014

Articolo Voxeu - bozza

Stiamo preparando un articolo su crisi economica e modalità di soluzione. Dico "stiamo" perché dovrebbe uscire a firma congiunta Biagio Bossone - Marco Cattaneo - Giovanni Zibordi e forse anche Warren Mosler.
Su Voxeu.org, rivista online di politica economica. Eccovi un primo draft della mia parte sui Certificati di Credito Fiscale. Per chi conosce l'inglese peggio di me, un ripasso (anche) linguistico. Da chi lo conosce meglio, graditi suggerimenti (non necessariamente solo) linguistici...
 
It is proposed that Italy issues 200 billion in CCF (Certificati di Credito Fiscale = Tax Credit Certificates) each year.
CCF are monetary government bonds: the government will not refund them. Rather, starting from two years after issuance, CCF will be unlimitedly accepted to fulfill any financial obligation towards the Italian state (taxes, public pension contributions, national health system contributions etc.) Such payments will be indifferently, validly made either in euros or in CCF.
CCF basically are deferred Italian money. The two years deferral is necessary as CCF will ceteris paribus reduce governmental euro receipts. The deferral allows the economy to recover, generating offsetting tax revenues.
CCF will be issued free of charge to private enterprises, workers and the State itself. Proposed breakdown is 80, 70 and 50 billion respectively.
Private enterprises will be given CCF based on their labor costs. A company paying 100 euros in labor costs (gross of taxes and social costs) will receive 20 in CCF. This for low salaries; for higher compensation levels, the CCF weight on gross salaries will be lower, based on a layer mechanism.
Similarly, a worker with a 100 salary (net of taxes in this case) will receive 20 in CCF (less for above average salaries).
Enterprises and workers will then receive free of charge a significant amount of “deferred money”. They will either use CCF upon expiration to pay taxes or whatever due to the government, or convert them into cash (euros) before expiration. The market discount will be presumably similar to a zero coupon two-year government bond.
It should be noticed that CCF are safer than “normal” government bonds: while Italy might default on euro-denominated debt, CCF will retain value even under a default scenario, as the owner will use them to pay taxes or whatever is due to the government.
An additional 50 billion will be given to the Italian state itself, to implement further demand-support actions (supplementing income to financially distressed families, improving the national health system, speeding up payments of overdue bills to government suppliers, etc.)
Issuing 200 billion in CCF annually is proposed because the crisis caused a huge output gap. Assuming the potential GDP growth to be 1.5% per year and further (conservatively) assuming that in 2007 Italy was at full employment, the output gap currently is €300 billion. Issuing 200 billion per year (not 300) is proposed because of the multiplier effect: more demand will generate more production and income, thus further demand.
While the breakdown (80 / 70 / 50) is a political decision, a key point is the size of CCF given to private enterprises. 80 billion is approximately 18% of total Italian private enterprises labor costs. Issuing CCF to partially offset labor costs realigns Italian competitiveness with Germany, as effectively as a currency realignment would.
This will avoid trade imbalances, as supporting demand would otherwise increase Italian net imports, creating a trade deficit. Improving Italian competitiveness will compensate this by increasing net exports.
Meanwhile, Germany will not be affected, because Italy will increase imports, including from Germany: the net effect on both the Italian and the German trade balance will be approximately neutral (both will expand imports as well as exports).
In addition, it is recommended to refinance the Italian public debt, upon expiration, by issuing further CCF – ie refinancing it with monetary instruments, which do not carry any default risk. This will avoid a 2011-style sovereign debt crisis to occur again.
As concerns treaties (particularly the fiscal compact) Germany pushed for them out of worries to have to pay for Southern Eurozone debt. But the fiscal compact calls for a reduction ratio which is just impossible to achieve. Italy should continue to raise taxes and / or to cut public expenditures, year after year, causing GDP to further drop, which is self-defeating in terms of compliance with the reduction targets. To meet the targets, it should be accepted that CCF are not debt (which is true, as they are not to be reimbursed). Taking also into account the possibility to issue “refinancing CCF” as the existing debt gradually expires, the public debt / GDP ratio can be quickly reduced. This would be a huge positive both for Italy (which will be shielded from financial market setbacks) and for Germany (which will have no further concerns to have to pay for Italian debt).
As concerns inflation, while the CCF project triggers a powerful recovery, unemployment and idle production capacity are currently very high. No inflation risk exists as long as a significant output gap is still there.
The CCF project is much more efficient than breaking the euro up. It can be openly discussed and does not risk to create financial panic and bank runs. Germany is not forced to revaluate her currency. No financial asset has to be redenominated. No redistribution effect and no litigations arise. Italian citizens savings, salaries, pensions etc. are not converted into a different, lower-value currency.
In addition to Italy, each Eurozone country suffering from a significant output gap, particularly if associated with higher unit labor costs than Germany’s, should introduce CCF. Amount and breakdown will, of course, differ, depending on each country situation.

martedì 10 giugno 2014

Ferrara

Turismo storico-artistico-culinario ? Può essere una buona occasione.




Però se in aggiunta voleste sentir parlare di economia... venerdì 13 giugno ore 20.30. No la sede dell'incontro non è quella... i dettagli sono qui.

venerdì 6 giugno 2014

CCF che restano in frigorifero ?


Matteo Salani pone alcune domande (“probabilmente ingenue” dice lui: ma no, non sono ingenue per nulla, questi temi di “meccanica monetaria e finanziaria” non sono affatto intuitivi…) in merito al futuro mercato dei Certificati di Credito Fiscale.

“Non mi è chiaro il motivo per cui l’emissione di CCF con utilizzabilità differita a due anni possa avere un effetto benefico immediato. Ho letto in alcuni dei tuoi post che l’emissione creerebbe un mercato di questi titoli. Da cui, per esempio, le imprese con carenza di liquidità (e ce ne sono, anzi oggi quasi tutte) potrebbero ottenere euro vendendo i CCF subito, scontati a un tasso paragonabile a quello dei normali titoli di Stato.

Ora, c’è la possibilità che tutti i percettori vendano contemporaneamente i CCF ricevuti ? e che cosa succederebbe ?

Inoltre, è possibile il caso opposto ? ogni percettore mantiene il possesso dei CCF ricevuti per tutti i due anni, non c’è beneficio su PIL e occupazione, nessuna ripresa economica e dopo due anni lo Stato ha il problema delle entrate fiscali che calano ?”

Risposta: si verificherà una combinazione di quanto segue.

Molti percettori (aziende, ma anche lavoratori e privati in genere) convertiranno i CCF in euro. Non c’è da temere una pressione al ribasso sui valori al di là di uno sconto poco diverso da quello di mercato su un BOT a due anni. Ricordiamo che stiamo parlando di un titolo supersicuro, una vera e propria banconota a utilizzo differito. Se il tasso di attualizzazione salisse anche solo di un punto sopra quello di BOT con scadenza equivalente, la corsa all’acquisto da parte degli investitori alzerebbe i prezzi e diminuirebbe il fattore di sconto.

Si creerà sicuramente, inoltre, un mercato di finanziamenti garantiti da CCF. Il percettore che ha bisogno di liquidità può anche non vendere il CCF ma costituirlo a garanzia di un finanziamento bancario. La banca, che tra due anni avrà pagamenti di tasse e imposte da effettuare (anche in qualità di sostituto d’imposta per retribuzioni, ritenute sugli interessi eccetera) mette in atto un operazione priva di rischio: anticipa per esempio 95 a chi ha ricevuto CCF per un valore facciale di 100, depositato magari su un conto titoli presso la banca stessa… se il soggetto finanziato non rimborsa a scadenza, la banca escute la garanzia e rientra del finanziamento con i risparmi di pagamenti di imposte conseguiti grazie all’utilizzo dei CCF. Partirebbe anche un importante mercato di pronti contro termine sui CCF.

Nascerà poi, con ogni probabilità, un significativo fenomeno di transazioni e compravendite, per operazioni di un certo importo, regolate direttamente in CCF, e si svilupperanno anche sistemi di pagamento elettronico (carte di credito) per operazioni al dettaglio.

Ma anche chi non ha bisogno di liquidità ha un “effetto ricchezza” immediato. Oggi la situazione economica è pesante, oltre che nella sostanza, anche sotto il profilo psicologico. Parecchi tagliano spese non strettamente indispensabili anche se potrebbero permettersele. Dopo la Riforma Morbida, chi ottiene maggior reddito sotto forma di CCF è molto più incentivato a spendere gli euro che possiede, e non a tenerli immobilizzati, perché entra in possesso di titoli che consentiranno minori esborsi per tasse e imposte in un futuro non distante.

Che i CCF messi in circolazione rimangano illiquidi e bloccati, e non mettano in moto una significativa ripresa della domanda e dell’economia, è in definitiva veramente da escludere.

mercoledì 4 giugno 2014

Crescere esportando. Tutti insieme, come no.


Vito Lops su twitter si chiede:

“Chi sposa senza se e senza ma l’attuale modello economico iper-mercantile” (che, nota mia, è quello praticato dalla Germania e che tutti gli altri membri dell’Eurozona dovrebbero adottare, stando alla Commissione Europea) “sa che è impossibile che tutti i paesi abbiano CONTEMPORANEAMENTE una bilancia commerciale positiva ?”

Tanto per cambiare, Keynes nella “Teoria Generale” era stato di una chiarezza adamantina anche su questo punto.

“Se le nazioni imparassero a raggiugere la piena occupazione con le loro politiche interne, non ci sarebbero più forze economiche che mettono gli interessi di un paese contro quelli dei vicini”.

“Il commercio internazionale cesserebbe di essere quello che è, cioè un espediente disperato per mantenere l’occupazione interna spingendo le vendite all’estero e limitando gli acquisti, che – se funziona – non fa altro che spostare il problema della disoccupazione sul paese vicino che esce in condizioni peggiori dalla lotta”.

Scritto nel 1936. E nel 2014 ci ritroviamo con Olli Rehn e i suoi vaneggiamenti: “Keynes oggi non sarebbe keynesiano”.

C’è molta ironia in tutto questo. Scusate però, non riesco a trovarci niente di divertente.