martedì 20 agosto 2013

Amerikani e spaventapasseri: la guerra continua

L’amerikano Tommaso Monacelli continua nella sua implacabile battaglia contro gli uomini di paglia.
 
Dopo aver confutato la tesi che “l’introduzione dell’euro è all’origine del rallentamento della produttività in Italia” (tesi A) è partito all’attacco di un’altra affermazione che, a suo dire, è anch’essa un cavallo di battaglia degli “euro-exiters”.
 
La “tesi B” è che l’Italia è entrata nell’euro sulla base di un cambio sbagliato, subendo quindi, fin dall’inizio, una penalizzazione e un impatto negativo sulla domanda.
 
Personalmente, ritengo la tesi A plausibile: se perdo competitività rispetto al mio principale concorrente, la Germania (non perché non sono in grado di migliorare la produttività intesa come unità fisiche prodotte / unità di lavoro utilizzate, ma perché sono meno efficace nel controllare i salari) perdo quote di mercato. Le mie aziende crescono di meno, perdono redditività, hanno meno risorse da investire in innovazione, il che influenza in negativo la produttività.
 
Sulla tesi B ho parecchi dubbi in più: negli anni dell’ingresso dell’Italia nell’euro (1999 e subito dopo) i saldi commerciali italiani erano grosso modo in pari. Il deficit medio delle partite correnti italiane, nel periodo 1999-2003, è stato un minuscolo 0,1% del PIL.
 
Quello che a Monacelli continua a sfuggire è che nessuna di queste due tesi è determinante per affermare che l’euro, così com’è oggi, è un meccanismo che non funziona.
 
Ammettiamo pure che il cambio di partenza – 990 lire per marco, 1936,27 lire per euro – fosse corretto. E ammettiamo pure che il rallentamento nella crescita della produttività italiana dopo il 1999 sia dovuto ad altri fattori.
 
Rimane il fatto che la perdita di competitività dell’Italia nei confronti della Germania (competitività definita come costo del lavoro per unità di prodotto) in un regime di cambi flessibili sarebbe stata tranquillamente gestita con un graduale rafforzamento del marco tedesco rispetto alla lira italiana.
 
E non si sarebbero accumulati i surplus finanziari del Nord Europa verso il Sud, avremmo evitato la crisi di bilancia dei pagamenti, la crescita dello spread, presumibilmente nessuno avrebbe pensato di “affrontare il problema” con le politiche di austerità, eccetera.
 
Questa è la “tesi C” che Monacelli deve confutare, se vuole effettivamente attaccare quelli che lui chiama “euro-exiters” (per le ragioni chiare a chi legge abitualmente questo blog, io preferisco dire “euro-reformers”).
 
Si spera che la confutazione utilizzi argomenti un po’ più articolati di quelli usati nel rispondere (nel post precedente) ai commenti dei lettori. A un certo punto Monacelli dice: “siccome siamo un paese con istituzioni fatiscenti, almeno dateci il cambio per svalutare ! come dire: da quando ho smesso di fumare ho ripreso a ingrassare, per favore ridatemi le sigarette. Questo mi pare l’unico argomento in bocca agli euro-exiters”.
 
Torniamo al mantra: la svalutazione equivale ad avvelenarsi con il tabacco. La svalutazione è brutta perché è brutta. Ma la svalutazione rispetto a chi e a che cosa ?
 
A inizio 1999, l’euro è entrato in quotazione e valeva 1,18 dollari e 0,71 sterline. Oggi (20.8.2013) rispettivamente 1,34 e 0,85.
 
Se ci fossimo tenuti la lira (supponiamo per comodità di calcolo a 1:1 contro il marco), a quale cambio ci avrebbero portato le nostre “istituzioni fatiscenti” ? la stima più plausibile è: a quello che manteneva invariato il costo del lavoro per unità di prodotto, compensando il vantaggio acquisito in questi anni dalla Germania. Che (dati OCSE) è stimato nel 20% circa.
 
Attenzione, questo delta sarebbe stato la somma di DUE variazioni: apprezzamento del 10% per cento della moneta tedesca verso le altre, e deprezzamento del 10% della moneta italiana.
 
Per cui contro dollaro e sterlina oggi saremmo all’incirca a 1,21 e a 0,765. Eh sì. Ci saremmo comunque RIVALUTATI (rispetto al 1999) sia verso USA che verso UK.
 
Se il livello equilibrato dei cambi va di pari passo con la qualità degli istituzioni (chiamiamola “tesi Monacelli”) l’Italia in quasi quindic’anni è diventata meno “fatiscente” di prima, almeno nei confronti di americani e inglesi.
 
Apparentemente questo a Monacelli non basta. O si marcia rigorosamente al passo (dell’oca ?) tedesco, o si è ineluttabilmente condannati al tumore ai polmoni…

3 commenti:

  1. Claudio Borghi Aquilini: "Caro Cattaneo, la tattica e' sempre quella... http://storify.com/borghi_claudio/scacciavillani-e-spaventapasseri"

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    1. Gia'... mi scordavo quello storify (ma l'avevo visto...) Monacelli pretende di "parlare scientifico" ma sono sempre proiettili di paglia sparati contro argomenti di paglia...

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  2. Nel frattempo leggo su nfa che l'articolo di Monacelli era il secondo di una serie di due... Direi che la confutazione della "tesi C" non ci sarà.

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