L’altra domenica
ero a Roma al convegno Reimpresa Italia, durante il quale si sono poste le basi
per la costituzione della Rete sovranista L.I.R.A. (che punta a diventare un
riferimento politico - partito o movimento d’opinione, si vedrà – sui temi del
recupero dell’indipendenza monetaria, e non solo, italiana).
Uno dei perni di
questa rete sarà A.R.S. (Associazione Riconquistare la Sovranità) e
nell’occasione ho avuto il piacere di scambiare alcune opinioni con il suo
fondatore, Stefano d’Andrea.
Tra lui e me c’è
un punto di (amichevole s’intende) dissenso. La mia posizione è riformista e
non rivoluzionaria. Nel senso che io analizzo il problema euro partendo
principalmente dalla mia esperienza di tecnico (delle materie economiche e
finanziarie). Il sistema monetario europeo è per me, in primo luogo, una
macchina che non funziona, e mi concentro quindi su quale sia il modo migliore
(più efficace e più rapido) per risolverne le disfunzionalità.
Questa è una
visione parziale del problema, ne sono ben conscio. Perché sia nato e come si
sia sviluppato l’euro-così-com’è-oggi, e come e perché si risolverà la crisi
che ne è nata, dipende da fattori storici, politici e sociali ben più ampi.
Tuttavia, sarebbe
un errore sottovalutare la componente tecnica del problema. I creatori
dell’euro non ne hanno mai fatto mistero: hanno sprangato la porta e buttato
via la chiave, confidando che nessuno l’avrebbe più ritrovata. E che si sarebbe
andati avanti per mancanza di alternative.
In questo hanno
commesso un errore di presunzione (non l’unico…). Non esistono porte chiuse per
l’eternità. Però identificare il modo migliore per far saltare i chiavistelli è
importante.
Allora, un punto
chiave è: cambiare il sistema monetario senza un consenso forte e ampiamente
maggioritario della pubblica opinione è difficilissimo.
E ottenere
questo consenso è tutt’altro che banale, se si parla di ipotesi di break-up,
ritorno improvviso alla moneta nazionale, conversione di debiti e crediti,
svalutazione: soprattutto per un motivo.
Una parte
amplissima del pubblico capisce, di tutto questo, UNA cosa sopra tutte le
altre. Mi addormento una sera e la mattina dopo mi dicono che i miei soldi sono
diventati un’altra cosa. E che quell’”altra cosa” si è svalutata, cioè che vale
meno di prima.
Ora: non statemi
a ripetere che la svalutazione non produce affatto inflazione nelle stesse
proporzioni; che senza avere una moneta propria è impossibile avviare politiche
di pieno impiego e far ripartire l’economia; che se possedete azioni, aziende e
immobili il recupero del loro valore, con un’economia che torna in condizioni
normali, sarà ben superiore alla svalutazione.
IO lo so. Tanti
altri anche. Altri ancora arriveranno a capirlo. Ma ottenere un “consenso forte
e ampiamente maggioritario della pubblica opinione” ? è possibile ? in quanto
tempo ?
Su questo punto,
Stefano d’Andrea mi faceva notare che il Front National di Marine Le Pen,
stando ai sondaggi, oggi è il primo partito francese e propone l’uscita tout
court della Francia dall’euro. Vero, ma…
Che cosa succede
se le varie nazioni dell’eurozona tornano, ognuna, alle proprie monete
nazionali ? Il Nuovo Marco si rivaluta rispetto ai livelli attuali. Su questo
nessuno ha dubbi.
La Nuova Lira,
Peseta, Escudo, Dracma si svalutano. Nessun dubbio neanche qui.
E il Nuovo
Franco Francese ? starà in una qualche posizione intermedia tra la situazione
tedesca e quella “mediterranea”. Se siete economisti e analizzate i dati di
competitività dei vari paesi, arrivate alla conclusione che la Francia oggi è
in una situazione più vicina a quella dell’Italia che alla Germania.
Per cui dovrebbe
subire una svalutazione, anche se più modesta. Ma le parole chiave sono “dovrebbe” e “più
modesta”. Ovvero: la svalutazione della Nuova Lira rispetto all’euro di oggi è
certa. La svalutazione del Nuovo Franco Francese no, e comunque la misura
sarebbe senz’altro inferiore.
Anche la Francia
è fortemente danneggiata dall’attuale sistema monetario europeo, ma NON tanto
perché abbia bisogno di una forte svalutazione. Per l’economia francese questo
non è così importante.
La Francia è
danneggiata soprattutto dall’altro problema dell’attuale sistema monetario
europeo: i vincoli di Maastricht, e la costrizione a effettuare politiche di
compressione della domanda e del deficit pubblico, in un contesto in cui
l’economia sta lavorando molto al di sotto del suo potenziale e dei livelli
compatibili con un’adeguata situazione di occupazione.
Naturalmente il
francese medio non è un economista, come non lo è l’italiano medio. Ma un’intuizione generale di queste
cose, grosso modo corretta, ce l’ha.
Aggiungiamo (saranno magari stereotipi, ma un fondo di verità, e anche di più, c’è…) le
caratteristiche delle due nazioni. L’orgoglio nazionale transalpino da un lato,
la nostra cronica tendenza all’autodenigrazione dall’altro.
Ma ve lo
immaginate un vicedirettore del principale giornale economico francese dire in
TV che uscendo dall’euro la benzina “costerebbe sette volte tanto” ?
E il fondatore
di uno dei più importanti giornali d'opinione affermare che fuori dall’euro la
Francia “diventerebbe come l’Egitto o il Marocco ?”
Non lo dicono
perché non è vero, certo. Ma non è vero neanche nel caso dell’Italia, e Plateroti
e Scalfari però lo affermano, e qualcuno ci crede pure, e molti altri pensano
che sia “magari un po’ esagerato, però…”
Costruire un
forte consenso di pubblica opinione sul break-up “secco” è più difficile in
Italia che in Francia. Questo è non l’unica, ma sicuramente un’importante
ragione per la quale preferisco una strada "morbida" e riformista.
Poi, se pensiamo
che sarà Marine Le Pen o chi per essa a far saltare il banco, possiamo
anche non fare niente se non attendere pazienti.
Ma non è
scontato, nulla lo è. E comunque il break-up è una via del tipo “il palazzo
brucia, buttati dalla finestra, non siamo così in alto e sotto c’è un telone.”
La riforma
“morbida” è: “c’è una scala di servizio agibile. Scendi veloce a piedi.”
Ne riparliamo
presto.
Piero Roncoletta: Ciao Marco, ottime considerazioni. Aggiungerei un argomento: la Francia ha un sistema di welfare molto più evoluto del nostro, e ovviamente è in grande difficoltà nel cercare di tenerlo in piedi stando nei parametri di Maastricht. Ma soprattutto, è molto più forte nei cittadini francesi la consapevolezza di avere dei diritti in quanto cittadini, per cui non ci pensano minimamente a perdere tutte le loro conquiste sociali perché "celochiedeleuropa". Diversa è la situazione dell'italiano medio: ripetendoci continuamente che siamo un popolo di corrotti parassiti fannuloni, si crea nelle persone quel senso di colpa funzionale a lasciar accettare i "sacrifici necessari". Anche questo meccanismo psico-sociale (non solo questo certo) spiega perché è possibile che in Francia un partito dichiaramente anti-UE possa essere primo nei sondaggi mentre l'italiano medio ha più paura di uscire dall'euro che di andare all'inferno.
RispondiEliminaDiciamo che (per tutti i motivi che hai detto) il francese paura di perdere il welfare stando nell'euro, l'italiano spesso (a torto) di perderlo uscendone.
EliminaMauro Ammirati: Lei ha ragione, apprezzo la sua analisi. Il guaio è che nella disperazione generalizzata (causa di numerosi suicidi, che ormai non fanno neanche più notizia) è difficile creare consenso. Voglio dire, prevalgono l'istinto di sopravvivenza e la rabbia incontrollata sulla razionalità (e la demagogia sul senso della realtà). Temo che non ci sia più tempo, dottore.
RispondiEliminaE' possibile, e questo farebbe sì che la soluzione arrivi dall'esterno. E la Francia naturalmente è la candidata più plausibile ad avviarla.
EliminaCiao Marco complimento per tutto
RispondiEliminaVolevo solo precisare che annunciare scenario catastrofe anche in Francia lo fanno.
Se capisci il francese ecco un esempio sul secondo più famoso giornale del paese:
http://www.dailymotion.com/video/xw47wu_le-jt-de-france-2-fait-de-la-politique-fiction-et-exaspere-la-twitosphere_news
Grazie per il video - diciamo che il livello di analisi effettivamente è degno di un cartone animato...
EliminaPerò idiozie come quelle di Plateroti e di Scalfari in Francia le hai mai sentite (intendo, pronunciate da giornalisti teoricamente di alto livello) ?
sul Blog di Cobraf ho letto il post " Svalutazione, Lira, Inflazione, Corte Marziale".
RispondiEliminaprendo spunto dall'articolo per chiederle se il vostro libro è già uscito in
libreria. alla Hoepli di Genova ( nonostante la prenotazione ) continuano a
rimandare...grazie GFC
Stiamo correggendo le bozze... c'è stato un po' di ritardo ma è questione di poco. Appena ho la data esatta di uscita ve la faccio sapere, ovviamente !
Eliminalooking forward...GFC
RispondiEliminaoh finalmente un'ipotesi moderata ogni volta che tento di riportare a un percorso unitario vengo "sbattuta " sei una grillina ,non capisci il valore della moneta ,non sei sovranista ecc.......io continuo ancora a sforzarrmi a dire che solo uniti si arriva alla meta e dopo ci divideremo...... ma niente sembra che non lo capiscano
RispondiEliminaDiciamo che molto gioca il comprensibile zelo di chi ha capito, ha sposato (giustamente) una causa e teme in qualche modo di annacquarla...
EliminaIl rischio che vedo io però (magari mi sbaglio) è che insistendo sulla via di "rottura" si faccia il gioco, appunto, degli Attali che confidavano che la chiave per aprire i chiavistelli non si sarebbe più trovata. O, de minimis, di allungare i tempi della soluzione.
Per raggiungere un obbiettivo bisogna avere sia la strategia che la sua declinazione tattica, altrimenti il punto di discontinuità è inarrivabile, ingestibile. In quest'ottica condivido il Suo ragionamento e sarei disposto di promoverlo attraverso la politica. Ma lì vedo la difficoltà maggiore, ovvero come tradurre queste idee in azione politica di successo. Il sistema democratico d'oggi è in declino, non riesce a produrre le politiche di sviluppo del benessere diffuso e in realtà deprime le libertà dei cittadini. Le politiche economiche attuali sono basate sui dogmi paragonabili a quelli religiosi. I cittadini sono disinformati è abbastanza disinteressati a comprendere la situazione. Non possono tutti diventare esperti delle materie economiche/politiche e di conseguenza sono difficilmente organizzabili. Delle volte penso che l'unica speranza sarebbe un sovrano illuminato. Tornando al punto, penso che le Sue proposte facciano parte del percorso obbligatorio all'uscita dalla crisi che ci affligge.
RispondiEliminaIl problema del sovrano illuminato è come liberarsene se poi si scopre che illuminato non è :) Capisco le difficoltà di cui lei parla, però noto che non è il sistema democratico che non riesce a promuovere lo sviluppo del benessere: è l'aver adottato - con metodi NON democratici - un sistema monetario sbagliato e insostenibile.
EliminaIl commento è molto interessante e si fonda su argomentazioni ragionevolissime.
RispondiEliminaQuanto detto da D'Andrea, però, ha il pregio di sottolineare l'importanza di un partito che conduca - SINCERAMENTE - la battaglia contro l'euro. Magari in Italia non arriverebbe ad avere i consensi del F.N. francese, però mi sembra un elemento assolutamente imprescindibile.
Francesco
Per carità, io spero che nasca SUBITO e che diventi fortissimo. Ma una cosa che ho in testa è che l'opinione pubblica è divisa in tre blocchi (non so se paritetici ma tutti e tre rilevanti). Quelli che hanno capito che l'euro così è insostenibile, quelli che continuano a negare e quelli che hanno capito ma sono spaventati dalla transizione. Se hai una strategia di uscita che evita le turbolenze del break-up, questi ultimi sono dalla tua parte.
EliminaQuesto commento spiega perfettamente, per quale motivo la via "morbida" di uscita dall'euro sia la più funzionale, puntando sull'allargamento del consenso dell'opinione pubblica.
EliminaPer esempio tramite l'utilizzo dei CCF?
Infatti li ho concepiti in quel senso. Naturalmente possono esistere altri schemi (anche se non ne ho visto nessun altro sviluppato in dettaglio).
EliminaMi preoccupa invece il fatto che i movimenti di opinione che stanno cercando di organizzarsi sono animati (almeno a parole) da uno spirito oltranzista ("diamo la spallata", "infliggiamo perdite ai creditori") che a mio modesto avviso non aiuta affatto (irrigidisce le posizioni per ottenere cose che con ogni probabilità non possono essere conseguite, e in realtà non sono neanche necessarie ! i CCF per esempio funzionano senza necessità di ridenominare i crediti / debiti in essere, e quindi senza creare perdite a nessuno),
Condivido in toto l'analisi : il problema,secondo me, è che il blocco piu' ostinatamente legato all'Euro e al "CELOCHIEDELEUROPA" è costituto principalmente dagli elettori (mainly quelli ex DC) del PD e questo fa si che il PD sia il partito piu' conservatore presente,al momento, sulla scena politica italiana. (non faccio gran conto del PDL o FI o quel che sarà,qui,tranne eccezioni, siamo piu' dalla parte del Franza o Spagna purchè se magna..
RispondiEliminaIl guaio sta qui : con un partito (che,bene o male,per me piu' male che bene) è il riferimento di governo e che è disposto a prendere tutte le musate sul pilastro dell'Europeismo pur di non andare contro i diktat di Bruxelles (o di Berlino??) non so quanta strada si possa fare...
Tutto vero: ma è anche vero che negare l'evidenza dei fatti diventa, ogni giorno che passa, più difficile. E che i movimenti e i partiti che manifestano scetticismo o aperta opposizione alla conduzione delle politiche economiche dell'eurozona sono in crescita.
EliminaIn tutto questo - e torno al mio punto - che esista una via riformista, non deflagrante, di sistemazione del sistema monetario, può essere un fattore di accelerazione molto importante, perché supera dubbi e obiezioni in parte psicologici, ma non per questo trascurabili, di buona parte dell'opinione pubblica. E non solo...
Dott.Cattaneo a mai pensato di fare un omaggio del suo libro (che a giorni uscirà) ai numerosi professori di economia che insegnano nelle nostre università?
RispondiEliminaPer esempio in questo intervento del prof. Gennaro Zezza durante un convegno internazionale, si parla di moneta parallela all'euro con vari tipi di proposte ma nessuno parola sui CCF.
giovanni.
Con Zezza mi sono scambiato idee sull'argomento (e gli ho anche fornito suggerimenti tecnici su come applicarlo a lavoratori e aziende). A livello università, spero (insieme all'editore) di attivare qualcosa di interessante.
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