Tra le tante cose che non capisco, riguardo all’Unione Europea, c’è la seguente.
I trattati istitutivi e la comunicazione ufficiale di Bruxelles affermano, reiterano, ripetono, che la UE deve svilupparsi sulla base dei principi di “un’economia di mercato fortemente competitiva”.
E questo implica tante cose. La regolamentazione antitrust, il contrasto agli abusi di posizione dominante, le liberalizzazioni di cui un (controverso) esempio di questi giorni è l’applicazione della direttiva Bolkenstein agli stabilimenti balneari, e molto altro ancora.
Quando si tratta però di banche, di istituzioni finanziarie, di aziende di credito, il leitmotiv è che ce ne sono troppe, che si devono fondere, concentrare, crescere di dimensione.
Bene. A me hanno insegnato, e l’esperienza quotidiana non l’ha mai smentito, che la concorrenza implica una pluralità di soggetti che operano sul mercato. Nel maggior numero ragionevolmente possibile.
Un settore economico è competitivo se c’è concorrenza, e la concorrenza la produce la pluralità di operatori. Non la creazione di oligopoli.
Per tacere dei problemi generati dal too big too fail, toccati con mano a seguito della crisi finanziaria globale del 2008. Istituzioni finanziari troppo grandi quando vanno in difficoltà creano dissesti sistemici. Quindi bisogna salvarle a tutti i costi prima che si caccino in guai troppo pesanti e trascinino nel baratro l’economia reale.
Ma se queste istituzioni sono grandi, sono anche molto influenti. E allora il problema, prima ancora che si arrivi alla crisi e alla necessità del salvataggio, è che il grande istituto finanziario influenza la gestione dell’economia e lo sviluppo della normativa.
In teoria, poche grandi banche dovrebbero essere più facili da controllare, da parte delle autorità di vigilanza. In pratica, quelle poche grandi banche sono così influenti da rivelarsi in grado, spesso e volentieri, di controllare il controllore. Con il rischio fondato, come si è scoperto appunto nel 2008, di generare con comportamenti spregiudicati, speculativi, proprio le condizioni stesse del dissesto.
Subito dopo la crisi del 2008, sentivo spesso dire che se una banca è too big too fail, è anche too big to exist. Ma la normativa ha seguito questo principio, in sede UE / BCE ? niente affatto. Al contrario: è andata nella direzione opposta. Ha promosso e continua a promuovere la concentrazione.
Fondere, crescere, accorpare. Sempre meno banche, sempre più grandi, sempre più in grado di influenzare gli organi di vigilanza.
È la formula per
ottenere la “competitività” ? è la via per salvaguardare la “concorrenza” ? a
me pare proprio il contrario.
Stefano Sylos Labini: Infatti stanno creando giganteschi oligopoli bancari che controllano e si spartiscono il mercato.
RispondiEliminaGiovanni Greco: ... e sono sempre più price setter, ad esempio per i tassi di interesse sui finanziamenti di vario genere.
EliminaL'economia (sociale ) di mercato fortemente competitiva è uno delle tante infusioni di linguaggi e dettami ordoliberisti nei trattati istitutivi. D'altra parte, la formula ordoliberista dello stato garante dei meccanismi competitivi del libero mercato nasce fasulla in partenza, Ehrard, e dietro di lui i padrini statunitensi ,in Germania Ovest basano la ricostruzione produttiva sulla rinascita dei vecchi oligopoli, che tanto "concorrenza e libero mercato" non erano e non saranno mai .
RispondiEliminaL'unico vero principio dell'area euro è il double standard, che sia rispetto alle nazioni, al grande rispetto al piccolo, ecc.
Double standard cioè ipocrisia totale.
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