martedì 8 ottobre 2013

La riforma “morbida” dell’euro con i CCF (Certificati di Credito Fiscale)

La soluzione della crisi è, dal punto di vista tecnico, molto più semplice di quanto si pensi.
 
L’euro, com’è costruito oggi, è un sistema troppo rigido. E’ una moneta sottovalutata rispetto ai fondamentali della Germania, sopravvalutata per l’Italia e per gli altri paesi mediterranei.
 
“Spaccare” l’euro e sostituirlo con monete nazionali è possibile ma complicato, e manca il necessario consenso politico. Inoltre l’opinione pubblica, pur rendendosi conto in misura crescente che qualcosa non funziona, è preoccupata dal fatto che una manovra “deflagrante” possa sfuggire di mano.
 
La soluzione è che i vari paesi in deficit di competitività rispetto alla Germania introducano una nuova forma di titolo di stato, i Certificati di Credito Fiscale (CCF).
 
Il CCF è un titolo di stato monetario, non uno strumento di debito. Monetario significa che lo stato emittente non lo rimborserà in cash, ma (a partire da due anni dopo l’emissione) lo accetterà in pagamento di tasse, imposte, contributi sociali e pensionistici eccetera.
 
L’Italia può emettere 200 miliardi di CCF all’anno, assegnandoli gratuitamente ai datori di lavoro (80 miliardi), ai lavoratori (70 miliardi), mentre altri 50 potrebbero essere dati in corrispettivo di pagamenti scaduti a fornitori delle pubbliche amministrazioni, di opere di pubblica utilità eccetera.
 
Il percettore può mantenere i CCF in portafoglio, o venderli sul mercato con un piccolo sconto, paragonabile a quello di un BOT a due anni.
 
Si ottengono subito una forte immissione di liquidità nel sistema economico e una poderosa ripresa dell’attività economica. Cresceranno anche le entrate fiscali, in modo tale da compensare, quando i CCF arriveranno a scadenza tra due anni, il loro utilizzo per pagare le tasse. Quindi non ci sarà incremento del debito pubblico italiano, mentre migliorerà nettamente il rapporto debito pubblico / PIL (grazie all’aumento del denominatore).
 
In un paio di anni, si può stimare una crescita del PIL italiano più che proporzionale rispetto alle dimensioni dell’intervento (grazie agli effetti moltiplicativi dello stimolo alla domanda, che avvia un circolo virtuoso: le aziende producono e vendono di più, riprendono ad assumere, i nuovi dipendenti aumentano i consumi eccetera).
 
Un’azione da 200 miliardi permette un recupero di PIL di 300, che è quanto necessario a recuperare la perdita di occupazione di cui l’Italia ha sofferto dal 2007 ad oggi.
 
Inoltre la quota allocata alle aziende riduce il costo del lavoro effettivo (senza penalizzare le retribuzioni nette, che anzi aumentano).
 
Quest’ultimo è un punto di grande importanza.
 
L’abbassamento del costo del lavoro per le aziende riduce praticamente a zero il rischio che la forte ripresa del PIL si accompagni a inflazione. Rischio comunque basso, visto che non sono prevedibili tensioni inflazionistiche prima che vengano riassorbiti (almeno in gran parte) gli attuali, estremamente elevati, livelli di disoccupazione e di sottoutilizzo della capacità produttiva del sistema economico.
 
Il miglioramento immediato di competitività porta, inoltre, il costo del lavoro per unità di prodotto italiano (CLUP) a livelli tedeschi. Questo evita che la ripresa italiana si traduca in un peggioramento dei saldi commerciali esteri e in problemi di bilancia di pagamenti: l’import aumenterà a causa della ripresa, l’export netto crescerà anch’esso, grosso modo in pari misura, grazie al forte miglioramento del CLUP.
 
Una soluzione come questa ha l’enorme vantaggio che NON occorre chiedere NULLA alla Germania:
 
-non si chiedono trasferimenti finanziari
-non si chiedono eurobond

-non si chiede ai tedeschi di aumentare le loro retribuzioni e quindi di perdere competitività

-non si chiede ai tedeschi (come avverrebbe in seguito al break-up dell’euro) di rivalutare la loro moneta

-non si chiede ai tedeschi (ancora, come avverrebbe in seguito al break-up dell’euro) di accettare il rimborso dei loro crediti in moneta svalutata.

16 commenti:

  1. Alessandro Pedone: c'è una cosa che non mi convince della tua proposta che mi piacerebbe se tu potessi spiegarmi. Può darsi che mi sfugga qualcosa. Tu sostieni che l'immissione di questi CCF sarebbero in grado di produrre un aumento di PIL così da compensare le minori entrare in Euro dopo due anni nel momento in cui questi certificati verrebbero utilizzati. Come hai fatto questi calcoli? Io non sono per niente sicuro che questa cosa si possa stimare in maniera affidabile. Una manovra da 200 miliardi significa che nell'anno in cui questi certificati saranno riscossi (cioè spesi) lo stato dimezza circa le sue entrate in Euro. Tu stimi un aumento del PIL di 300 miliardi, ma sarebbe una crescita che non si è mai vista in nessuna nazione sviluppata e solo in pochissime emergenti. Si parla di tassi di crescita ben superiori al 10%. Siccome mi sembri una persona ragionevole e siccome non è ragionevole ipotizzare un tasso di crescita a due cifre per l'Italia, con nessuna manovra di stimolo monetario, ci deve essere qualcosa che mi sfugge. Mi puoi chiarire cosa?

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    1. L'ipotesi base infatti è che il recupero di 300 mld si ripartisca in tre anni, e il risultato è che il rapporto debito pubblico / PIL è nettamente migliore nello scenario "con" CCF rispetto a quello "senza". Dammi un giorno o due e pubblico un articolo con un semplice modello numerico che ne dà evidenza, in termini (mi pare) chiari e convincenti.

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  2. Ma da un punto di vista della legislazione attuale, la proposta dei CCF è applicabile?

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    1. Nessuno è stato in grado di indicarmi alcuna violazione né della legge italiana né di trattati internazionali.

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    2. ...e ho dedicato parecchio tempo a capire se ce ne fosse qualcuna...

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  3. Buongiorno Marco, approfitto di questo tuo post per chiederti se ci sono stati sviluppi nella formalizzazione dei CCF come proposta di legge. E' stato dato un seguito ai contatti avuti con M5S? Oppure non si deve muovere foglia finché non arriva l'ok di Casaleggio (sai a cosa mi riferisco...)?

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    1. No, non si è mosso nulla. Come funzionino effettivamente i meccanismi decisionali di M5S continua a riuscirmi alquanto misterioso (vedo che sono in ottima compagnia...)

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  4. Ciao Marco, con riferimento anche alla tua risposta all'utente rosumella, tu non temi che la quota di CCF assegnati alle imprese possa essere bollata da Bruxelles come "aiuto di stato"? In fondo, la storia recente mostra che questo degli aiuti di stato è un concetto abbastanza elastico, e che i paesi del nord sono stati molto bravi a far passare dei veri aiuti di stato alle loro imprese, come le riforme Hartz del mercato del lavoro, e a bloccare le iniziative dei governi del sud...

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    1. Mettiamola così: se stiamo a quello che i trattati dicono in modo chiaro e inequivocabile, violazioni non ce ne sono.
      Se andiamo sulle "interpretazione elastiche" allora non siamo più su un terreno giuridico, ma politico.
      Anticipando un tema che intendo sviluppare in un prossimo articolo: se l'obiettivo è farci dire bravi, la soluzione è semplicissima. Andare avanti così.
      Se invece pensiamo (e lo pensiamo) che l'attuale sistema monetario è insostenibile, qual è la via meno conflittuale tra break-up e CCF (nei confronti di Berlino e Bruxelles) ? E qual è quella che non impaurisce l'opinione pubblica (italiana in primo luogo) ?
      La risposta a me sembra chiara. Ne riparliamo presto...

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  5. perdoni la mia grossa ignoranza ma uno stato che emette gratuitamente CCF non ha poroblemi nel giro di due anni causati dal mancato pagamento in EUR di 200 miliardi di tasse ? (in 2 anni lo stato ricevera' 200 miliardi in CCF). Questi titoli (complementari di fatto alla moneta) saranno accettabili come alternativa al denaro nella vita di tutti i giorni? Se si come?
    Ma di fondo un'emissione di CCF per 200 miliardi non equivale a un taglio delle tasse in da 200 miliardi?

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    1. Tutte domande molto pertinenti.
      Sul primo punto, la ripresa dell'economia produce maggiori incassi fiscali che compensano l'impatto dei CCF quando verranno utilizzati. <a href="http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2013/10/ccf-modello-di-previsione-del-debito_11.html”>Qui</a> trova un modello di previsione.
      Possono tranquillamente essere utilizzati anche nella vita quotidiana, per esempio via pagamenti elettronici supportati da carte di credito.
      Certo, una riduzione di tasse sarebbe sostanzialmente equivalente ma creerebbe - nell'immediato - un peggioramento del saldo incassi / esborsi in euro perché le minori tasse sono immediate e la ripresa dell'economia richiede un po' di tempo per raggiungere il suo effetto pieno. Questo è il motivo per cui la proposta prevede due anni di differimento tra assegnazione e utilizzo dei CCF.

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  6. 2 domande: 1) se il problena non ha avuto seguito come proposta di legge di un qualsivoglia gruppo parlamentare (si parla sopra di m5s) come pensi, insidme al signor Passera di portare avanti il progetto e di realizzarlo?
    2) il mancato gettito fiscale dovuto al taglio del CLUP non produce lo sforamento del rapporto def/pil del 3% (nel breve periodo si recupera per via dell'aumento di consumi e per i moltiplicatori, ma nell'immedito causa buchi di bilancio che non penso sarebbero tollerati in sede europea)?

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    1. Sul primo punto, se M5S presentasse la proposta di legge in questo momento, semplicemente non ci sarebbe seguito. Diversa è la situazione nel momento in cui c'è una maggioranza di governo realmente determinata a uscire dai vincoli dell'eurozona odierna: che è l'unico modo per superare la crisi.
      Sul secondo punto: il vincolo del 3% - come anche il fiscal compact e il resto dell'impalcatura della governance UE / eurozona - ha una sola giustificazione (basata peraltro su presupposti macroeconomici errati, ma comunque): ridurre il rischio di insolvenza sul debito che è realmente tale, ovvero quello denominato in euro. Deficit e debito intesi come saldo incassi / esborsi IN EURO, e come ammontare del debito IN EURO, adottando questo schema di riforma MIGLIORANO ENORMEMENTE.

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  7. Non sono un economista, ma l'idea di uscire dall'euro, svalutare la lira per diventare più competitivi su un mercato basato su consumi di cose inutili e poco durature ("obsolescenza programmata", che porta a grande consumo di materie prime e grande accumulo di rifiuti) destinato ad avere poco futuro, mi sembra una stupidaggine. Bisogna trovare una via per interrompere questo tipo di economia e cambiare il sistema di stampare denaro e quindi di indebitamento verso le banche centrali, non importa se stampano euro o "monete" nazionali. E' ovvio che per far cio' ci vuole molto lavoro politico a livello internazionale, ma non credo sia impossibile. Ci vogliono risorse che per il momento sarebbero disponibili solo nei patrimoni di quel 10% che detiene il 50% della ricchezza nazionale, non si tratta di andare a "derubare" il loro patrimonio, non credo che diventerebbero miserabili se invece di pagare 43% del reddito in imposte (IRPEF) ne pagassero 60% ovviamente si tratta di mettere in atto meccanismi che limitino l'evasione fiscale, mi sembra che in Italia siano pochi quelli che dichiarano un reddito superiore ai 300.000 euro (in caso sarebbe necessaria una patrimoniale). L'idea dei CCF mi sembra ottima, comunque dovrebbe andare di pari passo con l'aumento dell'imposta sui redditi superiori ai 300.000 euro e con la diminuzione per quelli inferiori ai 50.000 o con la istituzione di una patrimoniale.

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    1. I CCF sono, appunto, una forma di moneta nazionale emessa senza creare indebitamento verso nessuna banca (centrale o privata che sia).
      Sulla patrimoniale sono invece molto scettico per un motivo pratico: i grandi patrimoni sanno come proteggersi. Si rischia di falcidiare ancora una volta la classe media, quella che possiede la casa più qualche centinaio di migliaia di euro (non certo milioni) di liquidità. Senza contare che se non usciamo dei vincoli demenziali dell'attuale sistema UE / eurozona, sono soldi che andrebbero a "risanare i conti pubblici" cioè ad affondare ulteriormente il medio risparmio privato, la domanda e l'economia, con ulteriore aggravamento della situazione per le classi più disagiate.
      Il vero, grande riequilibrio dell'attuale iniquità nella distribuzione di reddito e ricchezza passa soprattutto dal ripristino del pieno impiego.

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