Nessuna
soluzione è ancora in vista per la crisi greca. Sia la UE che la maggioranza
della popolazione greca vorrebbero evitare l’uscita dall’Eurozona. Ma una
significativa ripresa economica del paese richiede l’abbondono dell’austerità:
una combinazione di minori tasse e spesa sociale più alta, per ridurre la
disoccupazione, mitigare la crisi umanitaria e migliorare la competitività
delle aziende greche.
Questo richiede
risorse finanziarie di cui la Grecia è priva. E i partner europei non sono
disponibili a sovvenzionare politiche di deficit spending di altri paesi.
Una soluzione
molto efficace consiste nell’emettere una forma di moneta nazionale, non in sostituzione dell’euro ma destinata
a circolare in parallelo all’euro. Ad
esempio, Certificati di Credito Fiscale (CCF) utilizzabili a due anni
dall’emissione per pagare tasse e qualsiasi tipo di obbligazione finanziaria
dovuta al settore pubblico greco.
I CCF verrebbero
assegnati gratuitamente a cittadini ed aziende. Nel caso delle aziende,
l’ammontare attribuito sarebbe funzione dei costi di lavoro e quindi
migliorerebbe la loro competitività. I CCF potrebbero anche finanziare spesa
sociale e programmi di lavoro garantito.
I CCF sarebbero
liberamente negoziabili, permettendo all’assegnatario di convertirli in euro sulla
base di uno sconto finanziario di mercato. Presumibilmente, si diffonderebbe
con rapidità anche l’impiego dei CCF per transazioni dirette.
Poiché gli
impieghi previsti per i CCF includono anche la riduzione dei costi di lavoro
lordi per le aziende nazionali, i CCF permettono la ripresa della domanda
interna greca senza che si producano sbilanci nei saldi commerciali esteri.
Le emissioni
annue di CCF potrebbero iniziare, ad esempio, ad un livello di 10 miliardi
annui e poi essere gradualmente incrementate. Con un moltiplicatore fiscale di
1,20, emissioni annue di 50 miliardi accrescerebbero il PIL di 60, il che
equivale a far recuperare alla Grecia tutta la caduta di PIL – da 240 a 180
miliardi – prodotta dalla crisi.
Il maggior PIL
implica maggiori incassi fiscali. Tenuto anche conto di un presumibile, modesto
incremento dell’inflazione e del PIL nominale dovuto al mutato clima economico,
il programma CCF consentirebbe alla Grecia di produrre un surplus primario
molto più alto, insieme a una forte
ripresa e un massiccio recupero dell’occupazione.
I dati esposti
qui di seguito mettono a confronto i risultati del programma CCF con un caso
base in cui l’austerità continua, la crescita e l’inflazione rimangono a zero e
(a costo di continui disagi sociali ed alta disoccupazione) la Grecia ottiene
un surplus primario del bilancio pubblico pari al 3% del PIL.
Il surplus
primario è quello disponibile per pagare interessi e quote capitale di debito. In
base alle ipotesi sopra esposte potrebbero essere pagati, in nove anni, quasi
90 miliardi di euro, invece di 50 scarsi.
Potrebbero
essere inoltre concordate, con i creditori, alcune “clausole di salvaguardia”.
Se in un determinato anno il surplus minimo preconcordato (nell’esempio, 5,4
miliardi di euro) non venisse raggiunto, alcune spese da effettuarsi in euro
potrebbero essere sostituite da pagamenti effettuati mediante ulteriori
assegnazioni di CCF. Oppure potrebbero essere introdotte transitoriamente tasse
strutturate in modo che il contribuente paghi euro ma riceva CCF di valore
equivalente. Con una riforma CCF ben concepita, la probabilità che queste
clausole entrino in vigore è bassa, ma comunque, nel caso, il loro impatto sarebbe
enormemente meno penalizzante delle azioni di austerità (tasse e tagli non
compensati da nulla) adottate fino ad oggi.
In pratica, i
CCF nazionali permetterebbero alla Grecia di mettere fine all’austerità e di
far ripartire l’economia, senza chiedere soldi a nessuno. La Grecia
recupererebbe il pieno impiego e migliorerebbe moltissimo anche le prospettive
dei recupero dei suoi creditori.
Un sistema CCF
ben impostato è sostenibile nel tempo. Dovrebbe essere introdotto non solo
dalla Grecia ma da tutti i paesi dell’Eurozona che hanno oggi necessità di
incrementare l’occupazione, di raggiungere un livello di inflazione moderato e
stabile, di recuperare competitività e di evitare la creazione di squilibri
commerciali esteri.
Un gruppo di
economisti e di ricercatori italiani sta attivamente promuovendo questo progetto,
come illustrato dall’appello redatto da Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano
Gallino, Enrico Grazzini e Stefano Sylos Labini. Un sistema di CCF nazionali
può mettere fine alla depressione ed eliminare il rischio di rottura dell’euro.
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