Un’altra
settimana di incontri, e nessuna soluzione in vista per la crisi greca. I creditori
sono disponibili a rifinanziare il debito solo a condizione che la Grecia
adotti ulteriori misure di austerità (tra cui tagli di pensioni e incrementi di
IVA) inasprendo così la depressione che affligge l’economia da sei anni, e
ponendo inoltre le condizioni per rendere impossibile, in futuro, onorare le
nuove scadenze.
Lo stallo è
totalmente basato su questioni di principio. La UE rifiuta di ammettere che le
politiche con cui è stata affrontata l’Eurocrisi sono fallimentari e insostenibili. Proposte ragionevoli e forse addirittura troppo moderate come
quelle di Syriza cadono nel vuoto.
A mio parere,
l’azione più sensata che il governo greco può attuare dev’essere non deflagrante ma nello stesso tempo unilaterale, e consiste nell’introdurre
una forma di moneta nazionale complementare
(ma non sostitutiva) all’euro.
La differenza
sfugge spesso all’attenzione dei commentatori, ma è decisiva. Se la Grecia
iniziasse ad emettere IOU – titoli di debito di cui si promette il rimborso futuro
in euro – e li usasse al posto dell’euro
per pagare stipendi pubblici e pensioni, questo sarebbe con ogni probabilità percepito
come un segno dell’insostenibilità della permanenza della Grecia
nell’Eurosistema. La fuga di depositi dalle banche si accelererebbe, e l’uscita
della Grecia dall’euro seguirebbe in tempi molto brevi. In ogni caso, l’impegno
di rimborso in euro connesso agli IOU è ben poco credibile, dato che la Grecia
è già insolvente sul debito attuale.
Ma lo stato
greco ha oggi, in realtà, una situazione di equilibrio nel saldo pubblico
primario. Questo significa che la pubblica amministrazione incassa tanti euro
quanti ne spende, esclusi i pagamenti per interessi e rimborsi di debito.
Se i pagamenti
ai creditori vengono sospesi, lo stato greco possiede, in effetti, gli euro necessari per sostenere le sue
spese. Non ha bisogno, a questo fine, di utilizzare uno strumento finanziario sostitutivo dell’euro.
Gli mancano,
invece, le risorse per effettuare politiche espansive e di rilancio
dell’economia. A questo fine
dovrebbe emettere un titolo che non costituisce una nuova forma di indebitamento.
La proposta è di
emettere e utilizzare Certificati di Credito Fiscale. E’ un titolo che dà
diritto al possessore di compensare pagamenti altrimenti dovuti alla pubblica
amministrazione (tasse, imposte, contributi sociali, multe e sanzioni, ecc.) a
partire da una data futura: per esempio, due anni dopo l’assegnazione.
I CCF non sono
debito perché non esiste alcun impegno di rimborso, ma solo di accettazione (da
parte dello stato emittente). Questo rende impossibile, in teoria così come in
pratica, che la Grecia possa essere costretta al default a fronte dell’impegno
connesso ai CCF.
Le emissioni
annue potrebbero essere pari, ad esempio, a 7 miliardi di valore facciale
(circa il 4% del PIL greco) ed essere destinate a una varietà di fini: integrazione
di reddito ai lavoratori, sostegno a categorie sociali disagiate, erogazioni
alle aziende in funzione dei costi di lavoro sostenuti (in modo da migliorarne
immediatamente la competitività).
Il ricevente
potrà convertire CCF in euro, vendendoli sul mercato finanziario. Hanno un
valore certo (il facciale) al momento della scadenza e quoterebbero con uno
sconto modesto rispetto a questo importo, purché le scadenze annuali non siano elevate
rispetto agli incassi totali della pubblica amministrazione greca: ma 7
miliardi sono solo il 10% circa del gettito lordo.
I CCF circolerebbero
anche nell’ambito di transazioni e compravendite tra privati.
La maggiore
disponibilità di potere d’acquisto rivitalizzerebbe domanda e occupazione, e
creerebbe nel tempo anche il maggior gettito fiscale che compenserà i futuri utilizzi
dei CCF (a partire da due anni dopo l’avvio del programma, come detto).
Contestualmente,
la Grecia dovrebbe sospendere ogni pagamento ai creditori internazionali,
annunciando però nello stesso tempo la disponibilità a destinare – a partire
dal 2016 – ad esempio il 2% del PIL al rimborso (in euro) di capitale e
interessi, nell’ambito di un nuovo piano finanziario.
L’impegno
sarebbe altamente credibile se assunto da un’economia rilanciata dal programma
CCF. Potrebbero anche essere introdotte “clausole di salvaguardia” a tutela ulteriore
del nuovo programma, temporaneamente attivabili solo in caso di
ammanco (in una dato anno) rispetto all’impegno di rimborso del 2%. Ad esempio,
tramite prelievi una-tantum in euro che prevedano però, a compensazione,
l’erogazione al contribuente di titoli fiscali (CCF a scadenza più lunga). Clausole
così conformate non hanno (se non in misura enormemente più modesta) l’effetto prociclico
delle combinazioni di tagli e tasse con cui la crisi è stata effettuata in
passato.
Un sistema euro
+ CCF ha tutte le condizioni tecniche
per essere stabile e sostenibile. L’unità di conto e la moneta legale della
Grecia rimane l’euro. La Grecia, nello stesso tempo, dispone di tutte le leve
necessarie per attuare una politica di rilancio economico. E le prospettive di
rientro dei creditori migliorano enormemente.
La reazione politica della UE è, ovviamente, un
tema diverso. E’ immaginabile (per quanto dubbio sul piano legale) che la BCE
sospenda il programma di Emergency Liquidity Assistance al sistema bancario
greco, forzandone il default, o attui altre azioni deflagranti. Ne seguirebbe una
Grexit disordinata.
Si tratterebbe,
peraltro, di azioni qualificabili come puro furore ideologico, che produrrebbero
enormi rischi di sfaldamento dell’intero Eurosistema.
Lo ritengo improbabile. In ogni caso, la
responsabilità di un breakup disordinato sarebbe, a quel punto, tutta sulle
spalle delle autorità UE.
ammesso e non concesso che i greci utilizzeranno i ccf, gli euro saranno tesaurizzati e lo stato costretto a sostituirli con sempre maggiore quantità di ccf e quindi default della grecia sull'euro. di fatto è una uscita dall'euro ma perché la grecia dovrebbe non solo fare default ma anche uscire dall'euro quando il suo potere di trattativa sta proprio nel rimanere dentro l'euro e non poter essere cacciata?
RispondiEliminaSaranno invece utilizzati perché quando un intermediario di scambio e' artificialmente razionato, com'è il caso dell'euro, si utilizza nella misura del necessario quello che c'è - come i CCF - quand'anche valesse un po' meno. Quanto al potere di ricatto della Grecia, se ha ragione lei verranno fatte grosse concessioni sui vincoli fiscali. Ma non sta succedendo. E tra l'altro anche l'integrale accettazione dell'attuale proposta Syriza probabilmente non basterebbe.
Elimina"grosse" concessioni non se ne fanno perché il ricattato e il ricattante comunque non hanno interesse ad autodistruggersi ma a rinviare.
Eliminariguardo i ccf (nel modo in cui li proponete voi) sono di fatto un ritorno alla dracma mascherato. nel momento in cui si dovesse proporre i ccf vinceranno appunto le forze politiche che proporranno la dracma
Ma rinviando non si risolve niente. I rinvii hanno un limite, e credo proprio che ci siamo vicini.
EliminaRitorno alla dracma mascherato ? sono definizioni, anzi opinioni. Di sicuro evita una marea di complicazioni tecniche (ma non solo) che il breakup invece provocherebbe.
i rinvii servono e comunque nei fenomeni a grande scala sono l'unica soluzione. stiamo parlando di interi paesi mica di una multinazionale. i rinvii fanno perdere consenso a syriza e rafforzano le richieste europee. syriza non può uscire all'euro perché dal default emergerebbero i nazionalisti greci. l'europa può tenere a stecchetto la grecia facendo perdere consenso elettorale a syriza fino a che di fronte alla caduta del governo dovrà fare riforme. purtroppo per la grecia infatti altri paesi europei hanno già fatto riforme (vere o presunte) e quindi la grecia si trova nella posizione di essere criticata facilmente dagli altri europei.
EliminaLa Grecia di riforme (inutili se non controproducenti) ne ha fatte più degli altri. I paesi già in crisi che se la cavano un po' meglio sono quelli che hanno fatto più deficit spending, non più riforme. Vedi Spagna e Irlanda (post del 23.1.2014).
Eliminale riforme non risolvono i problemi dell'euro ma dell'economia di un paese. poi toccherà all'euro riformare se stesso oppure saltare. le riforme sarebbero infatti necessarie anche con la lira. o coi ccf.
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