La crisi dei
debiti sovrani dell’Eurozona ha condotto la BCE e la UE a costruire, tra il
dicembre del 2011 e l’agosto del 2012, un sistema di garanzia dei debiti
pubblici, applicabile agli stati che utilizzano l’euro.
I principi di questo sistema
di garanzie, che si imperniano principalmente sul coordinamento tra Fiscal Compact
e OMT, si può sintetizzare come segue.
La BCE
garantisce la solvibilità dei singoli stati membri, purché vengano messe in
atto azioni di gestione della finanza pubblica coerenti con il raggiungimento
di due obiettivi: il pareggio di bilancio, e la graduale riduzione del rapporto
debito pubblico / PIL (in modo da ricondurlo al 60% nel giro di vent’anni).
In pratica, la
BCE è disponibile a garantire i livelli ATTUALI di debito pubblico dei vari
stati, purché questi livelli non si incrementino in valore assoluto (= pareggio
di bilancio anno per anno) e decrescano gradualmente in rapporto al PIL (per
effetto della crescita dei livelli nominali di quest’ultimo, che in condizioni
normali dovrebbe avvenire per il combinato effetto della crescita reale e di
una moderata ma positiva inflazione).
L’applicazione
dei principi di cui al precedente paragrafo confligge, tuttavia, con gli effetti prociclici delle manovre di finanza pubblica. In particolare, la
maggior parte dei paesi dell’Eurozona soffre di pesanti livelli di disoccupazione
e di output gap: l’attività produttiva è tuttora molto al di sotto delle
potenzialità dei vari sistemi economici. E’ una conseguenza della crisi finanziaria
mondiale del 2008, dell’acuirsi della crisi dell’Eurosistema nel 2011 e della
mancata volontà di superarle rilanciando in modo adeguato domanda e
occupazione.
In questo
contesto, il tentativo di migliorare la situazione delle finanze pubbliche
mediante azioni restrittive (più tasse, meno spesa pubblica, incrementi
tariffari, o una combinazione di tutti questi interventi) ha effetti di
ulteriore compressione di domanda, occupazione e PIL, che aggravano
pesantemente le condizioni delle economie che le attuano e, per di più,
vanificano gli obiettivi stessi del Fiscal Compact.
Di conseguenza,
i principi base del Fiscal Compact stesso non stanno trovando attuazione: un
anno dopo l’altro, si continuano a concordare deroghe e slittamenti. Il quadro
macroeconomico complessivo dell’Eurozona rimane debole e la BCE è stata
costretta a lanciare politiche di Quantitative Easing – che con ogni
probabilità stanno per essere estese e prolungate – portando a zero, se non
addirittura in molti casi in territorio negativo, i rendimenti dei titoli di
Stato.
L’Eurozona
rimane afflitta da una combinazione di bassa crescita reale, pesante disoccupazione
e sottoutilizzo delle potenzialità produttive, e inflazione ben distante dall’obiettivo
“inferiore ma vicino a” il 2%.
Il progetto CCF ha le caratteristiche appropriate per risolvere questo stallo. Se i vari stati
introducono uno strumento finanziario come i Certificati di Credito Fiscale,
possono nello stesso tempo:
effettuare
azioni di rilancio della domanda, riportando i sistemi economici a livelli ben
più elevati di utilizzo dei fattori produttivi (il che significa anche e
soprattutto meno disoccupazione)
e
contribuire a
riportare l’inflazione verso gli obiettivi BCE
nello stesso
tempo mantenendo, anno
per anno, l’equilibrio tra incassi e pagamenti in euro richiesto dal Fiscal
Compact: le azioni di espansione della domanda sono infatti effettuabili, nella misura
necessaria, mediante emissione CCF.
Ne segue che il
debito pubblico dei vari paesi non cresce e il rapporto al PIL cala, evitando
che la BCE debba prestare garanzie su debiti pubblici in aumento.
I CCF sono,
infatti, titoli che non dovranno essere mai rimborsati e non richiedono alcuna
garanzia da parte della BCE. I CCF derivano il loro valore dal fatto di poter
essere utilizzati per ridurre i pagamenti dovuti (per tasse, imposte,
contributi ecc.) alla pubblica amministrazione dello stato emittente. Nessuno
stato potrà mai, quindi, essere forzato al default a causa dell’impegno assunto
in conseguenza dell’emissione di CCF.
Via via che l’espansione
della domanda migliora la situazione occupazionale dell’Eurozona, si creano
inoltre i presupposti per l'abbandono delle azioni di Quantitative Easing.
criticate i tassi a zero e poi volete stampare i ccf gratis?
RispondiEliminaAbbiamo proposto di emettere i CCF in forma di zero-coupon, quindi un tasso d'interesse (più esattamente di attualizzazione) ci sarà. Finché l'economia è depressa come oggi sarà bassissimo, ma l'immissione di CCF la rivitalizzerà e si tornerà quindi a un livello sano e fisiologico - 2-3% per i tassi a breve-medio termine.
Eliminama essendo emettitore e tassatore lo stesso soggetto ecco che nessuno crederà al sano e fisiologico futuro. è vero che questo accade anche in tempi di crisi tra banca centrale e governi ma è anche vero che in tempi normali la distanza torna lentamente ad aumentare.
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