martedì 14 giugno 2016

Possibili modalità di attuazione del progetto CCF



Presupposti macroeconomici

In termini reali, il PIL italiano 2015 è stato inferiore di circa 150 miliardi di euro rispetto ai livelli raggiunti subito prima dell’inizio della crisi (2007).

Il progetto CCF può essere attuato in dimensioni adeguate a far recuperare questo “vuoto” di PIL.

Si può partire per esempio nel 2017 con 30 miliardi di assegnazioni annue, e incrementarle gradualmente fino a 120 nel giro di quattro anni.

Con un moltiplicatore fiscale (*) di 1,25, un’azione espansiva della domanda di 120 miliardi genera, appunto, maggior PIL per 150 (= 120 x 1,25). Rispetto all’attuale livello di 1.700 miliardi circa, questo equivale a un recupero del 9% circa, quindi 2% abbondante all’anno.

(*) Il moltiplicatore fiscale misura l’incremento del PIL reale prodotto da un’azione di politica economica espansiva (maggiore spesa pubblica, minori tasse o azioni di qualunque natura che incrementino il potere d’acquisto in circolazione). Nei dati riportati in questa nota, si suppone che l’incremento annuo delle assegnazioni di CCF produca un’espansione del PIL reale pari a 1,25 l’importo dell’incremento stesso, ipotesi basata sulle stime prevalenti riferite a economie che recuperano da un contesto di domanda depressa. Si veda tra gli altri “Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers, Olivier Blanchard / Daniel Leigh, IMF Working Paper, 2013: https://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2013/wp1301.pdf. L’intervallo ivi stimato è 0,90 – 1,70. Si è qui utilizzato il valore medio (1,30) ridotto a 1,25 per tenere conto di un effetto di attualizzazione del valore dei CCF assegnati dovuto al differimento di due anni della loro utilizzabilità.

Poiché i CCF sono utilizzabili come sgravi fiscali due anni dopo la loro emissione, gli utilizzi resteranno inferiori alle assegnazioni in tutti gli anni precedenti il 2022:

Anno                     2017  2018  2019  2020  2021  2022 e oltre
Assegnazioni         30      60      90      120    120    120
Utilizzi                  0        0        30      60      90      120

Nell’anno in cui la situazione va a regime (2022) oltre al beneficio di 150 miliardi (sul PIL reale) sopra citato, è ragionevole mettere in conto che si sia prodotta maggiore inflazione, grazie al generale contesto di ripresa economica e di riassorbimento dell’output gap.

Ipotizzando un 1% in più di maggiore inflazione, in sei anni si ottiene un ulteriore incremento di PIL nominale pari a oltre 100 miliardi (1.700 x 6% = 102).

Complessivamente, il PIL nominale a regime è quindi circa 250 miliardi più elevato per effetto del progetto CCF. Poiché l’incidenza delle entrate pubbliche complessive è oggi poco inferiore al 50%, 250 miliardi di PIL nominale in più producono, appunto, all’incirca 120 miliardi di maggior gettito, compensando l’utilizzo dei CCF che annualmente arrivano a scadenza (dal 2022 in poi).

Negli anni precedenti al 2022, grazie allo sfasamento temporale tra assegnazioni e utilizzi si creano addirittura eccedenze (maggior gettito lordo superiore agli utilizzi di CCF), utilizzabili per accelerare il processo di riduzione del rapporto debito pubblico / PIL. In sintesi:

ANNO

2017
2018
2019
2020
2021
2022
Maggior PIL reale
38
75
113
150
150
150
Maggiore inflazione cumulata
1,0%
2,0%
3,0%
4,0%
5,0%
6,0%
Effetto delta inflazione su PIL
17
34
51
68
85
102
Maggior PIL nominale
55
109
164
218
235
252
Pressione fiscale lorda
47,5%
47,5%
47,5%
47,5%
47,5%
47,5%
Maggior gettito lordo
26
52
78
104
112
120
Utilizzo CCF



-30
-60
-90
-120
Maggior gettito netto
26
52
48
44
22
0


Impianto normativo

A livello normativo, il provvedimento di legge che definirà, anno dopo anno, le assegnazioni di CCF, contemplerà anche una serie di interventi (in termini di minori spese o di maggiori entrate fiscali), operativi nel medesimo anno in cui i CCF diventano utilizzabili per conseguire sconti fiscali.

Questi interventi verranno attuati solo nel caso (e nella misura) in cui l’effetto espansivo sul PIL non produca, nei due anni intercorrenti tra le assegnazioni e gli utilizzi dei CCF, maggior gettito fiscale in misura pari agli utilizzi medesimi.

E’, in effetti, un meccanismo analogo alle “clausole di salvaguardia” adottate già da qualche anno. Con, però, una fondamentale differenza: i CCF assegnati assumono la veste di un titolo liberamente negoziabile e trasferibile, e costituiscono un accrescimento immediato di potere d’acquisto e disponibilità patrimoniali per chi li riceve (e anche un miglioramento di competitività per le aziende a cui sono assegnati a riduzione del cuneo fiscale – vedi seguito).

Si noti che questo impianto normativo smina qualsiasi obiezione in merito alla possibilità che l’assegnazione di CCF produca maggiore indebitamento. Viene attuata, contemporaneamente a partire dal 2017, un’azione di riduzione della fiscalità (l’assegnazione dei CCF) e un’azione di uguale importo e di segno opposto sui conti pubblici (le clausole di salvaguardia). Entrambe le azioni hanno la stessa decorrenza temporale (il 2019) riguardo al loro effetto diretto sulle finanze dello Stato. E’ quindi totalmente garantita la copertura del progetto CCF.

L’importantissima variazione, rispetto al modo in cui sono oggi utilizzate le clausole di salvaguardia, è che nel frattempo si beneficia di due anni di espansione riguardo a PIL, occupazione e gettito fiscale, più che sufficienti (sulla base delle ipotesi sopra descritte) a “disinnescare” le clausole di salvaguardia medesime.


Principi di allocazione delle assegnazioni di CCF

In termini di allocazione, le emissioni di CCF potranno essere suddivise in modo da far leva su vari fattori di espansione della domanda interna e di miglioramento di competitività del sistema produttivo italiano.

Su una dimensione totale a regime di 120 miliardi annui, per esempio, si può ipotizzare una ripartizione del tipo seguente:

Integrazione di redditi da lavoro, 40 miliardi annui.
Assegnazioni alle aziende a riduzione del cuneo fiscale, 40 miliardi annui.
Interventi di spesa sociale, 20 miliardi annui.
Investimenti e opere di pubblica utilità, 20 miliardi annui.

La componente destinata alle aziende, a riduzione del cuneo fiscale si traduce in una permanente riduzione dei costi di lavoro dipendente delle aziende pari al 9% circa, tenuto conto che tali costi equivalgono oggi all’incirca a 450 miliardi annui per l’intero sistema economico nazionale.

Questa riduzione corrisponde a un beneficio della stessa percentuale per il CLUP medio delle aziende italiane, e quindi a un incremento di competitività. Si ottiene il risultato di incentivare le esportazioni e anche di far recuperare quote di mercato interno ai produttori domestici, sostituendo importazioni di prodotti manifatturati.

In questo modo si eviterà che il recupero di domanda interna, che di per sé produce maggiori importazioni, soprattutto di materie prime, causi squilibri nei saldi commerciali esteri e limiti l’effetto espansivo del progetto CCF per quanto attiene a PIL e occupazione.

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