Un’ulteriore domanda di Bullfin74: se l’euro è all’origine delle differenze di performance all’interno
dell’Eurozona, e in particolare tra Italia e Germania, come mai l’andamento
delle due economie non diverge a partire dal 1997 (quando è stato deciso chi
entrava nell’euro) né dal 1999 (quando sono state fissate le parità
irrevocabili tra le varie monete) né dal 2002 (quando l’euro “fisico” è stato
introdotto) ma dal 2008 ?
Effettivamente
il delta di crescita reale tra Italia e Germania è stato favorevole ai
tedeschi, ma solo del 3% tra il 1997 e il 2008, mentre si è creata una
differenza ben maggiore (un ulteriore 13%) tra il 2008 e il 2016. Pochissimi
decimi di punto all’anno (una variazione quasi impercettibile) fino alla “crisi
Lehman”. L’1,5% medio annuo successivamente: che in un periodo pluriennale crea
una divaricazione enorme.
Se la grande
divaricazione parte parecchi anni dopo l’introduzione dell’euro, significa che
l’euro non c’entra ? Al contrario, c’entra eccome. O per essere più precisi, c’entra
la governance complessiva dell’Eurosistema.
Nel periodo
1997-2008, sia l’Italia che la Germania hanno registrato una modesta crescita
(1% reale medio circa): modesta tenuto conto che sono stati anni, in generale, di
sviluppo economico mondiale sostenuto (perlomeno in confronto a quanto è
avvenuto dopo).
Entrambe hanno
attuato politiche di restrizione della domanda, ma con modalità completamente
diverse.
L’Italia ha, in
buona sostanza, abbattuto il deficit e il debito pubblico (in rapporto al PIL)
aumentando le tasse.
La Germania ha
compresso la crescita dei salari interni al di sotto del tasso di crescita
della produttività, introducendo meccanismi quali le riforme Hartz e i minijobs. Per lenire in qualche modo l’effetto
sociale di queste misure, ha in effetti incrementato
debito e deficit, sforando tra l’altro (prima di ogni altro paese importante
dell’Eurozona) i limiti di Maastricht riguardo al rapporto deficit pubblico /
PIL (il famoso 3%).
Questo ha
consentito alla Germania di sviluppare enormi surplus commerciali, che le
hanno, certamente, consentito un recupero più rapido dagli effetti della crisi
finanziaria mondiale del 2008, ma scaricando il problema (in buona sostanza)
sui partner commerciali.
Mentre l'Italia, dopo un'interruzione nel 2009-2010, ha ripreso dal 2011 in poi (seguendo le "prescrizioni" UE) a effettuare pesantissime (in quanto fortemente procicliche) politiche di austerità per cercare di ridurre deficit e debito pubblico.
Mentre l'Italia, dopo un'interruzione nel 2009-2010, ha ripreso dal 2011 in poi (seguendo le "prescrizioni" UE) a effettuare pesantissime (in quanto fortemente procicliche) politiche di austerità per cercare di ridurre deficit e debito pubblico.
Ora, si dirà che
l’Italia non aveva alternativa in quanto era entrata nell’euro con un rapporto
debito pubblico / PIL (120% circa) più elevato degli altri paesi. Ma questo è
esattamente il motivo (non l’unico, ma senz’altro uno dei principali…) per cui
NON ci sarebbe dovuta entrare.
Se hai un debito
alto, ma in moneta di cui controlli l’emissione, l’ultima cosa che devi fare è convertirlo in una moneta che non gestisci, e per giunta più forte
della tua: la moneta forte è amica del creditore, non del debitore. E il debito
in moneta che emetti non è nemmeno, in effetti, un debito: è una forma di emissione monetaria, e se dà problemi li dà in conseguenza del rischio d'inflazione (l’ultima cosa di cui preoccuparsi oggi), non del rischio d’insolvenza.
In conclusione,
l’euro con il delta di performance
economica Italia-Germania c’entra, eccome. Non sarebbe stato così con regole
diverse ? ma le regole quelle erano. E con quelle regole entrare nell’euro per
l’Italia era deleterio e autolesionista.
"Le regole quelle erano" con buona pace di chi vaneggia che "in fondo Prodi non ha colpe, non è l'euro ma come è stato gestito". Che vale dire: anch'io posso battere Federer a tennis, se si gioca senza racchette, senza palline, con sedici pezzi neri, sedici pezzi bianchi e le regole degli scacchi...
RispondiEliminaTaluni passi sono molto giusti.
RispondiEliminaNon credo che i ccf siano la panacea di tutti i mali, pero' il considerarli come un "IMPEGNO" all'atto dell'emissione e non come DEBITO per ovvi motivi, lo considero una genialata. Questo è il metodo per furbescamente ma anche onestamente aggirare l'ostacolo MONETA LEGALE. Lei, anche se non concordo in tutto, ha una bella testa pensante :). Gz invece è un cafone ma lo si sapeva :). Buon lavoro. STefano.
D'altra parte ci sono motivi ben precisi, e c'è una coerenza logica di fondo, nei regolamenti Eurostat che implicano la natura non debitoria dei CCF: lo spiega molto bene Massimo Costa qui.
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