Molti
commentatori economici si dicono, in questo periodo, preoccupati riguardo
alla possibilità che l’economia USA entri in recessione. Il che potrebbe
portare a conseguenze alquanto pesanti a livello mondiale, dato che gli scambi
commerciali sono già in rallentamento, la Cina è meno dinamica che in passato,
l’Eurozona continua a dibattersi nelle sue disfunzioni, all’orizzonte c’è una
possibile hard Brexit, eccetera.
Tra le ragioni
per cui si teme che possa partire una recessione USA, viene spesso citata l’inversione
della curva dei rendimenti per scadenza. Normalmente i tassi d’interesse a lungo
termine sono più alti di quelli a breve, perché un finanziamento è più
rischioso – a parità di altre condizioni – quanto più è lunga la sua durata.
Quando
storicamente si è verificato il contrario – i tassi “brevi” sono saliti a
livelli più alti di quelli “lunghi” – molto spesso è seguita una recessione.
Oggi siamo
appunto in quest’ultima situazione. I titoli di Stato USA a tre mesi rendono l’1,82%
su base annualizzata. A cinque anni, l’1,45%.
Temere che
questa inversione preannunci una recessione, tuttavia, trascura una
fondamentale differenza tra la situazione odierna e quelle passate.
Il motivo per
cui nei decenni scorsi ogni tanto la curva si invertiva era che la Federal
Reserve stava restringendo il credito – e quindi alzando i tassi d’interesse –
per raffreddare un’economia che si stava surriscaldando e un’inflazione che
dava segni di salire a livelli indesiderati.
In questa
situazione, i tassi a lungo salivano molto meno di quelli a breve, perché i
mercati prevedevano che la stretta creditizia sarebbe durata alcuni trimestri –
il tempo necessario per rallentare l’economia ed evitare il surriscaldamento – dopodiché
la Fed avrebbe tolto il piede dal pedale del freno.
L’inversione
preannunciava quindi un significativo (ma temporaneo) rallentamento dell’economia,
che poteva arrivare a costituire una vera e propria recessione.
Oggi la
situazione è molto diversa. La curva è invertita, ma non perché la Fed stia alzando
i tassi. Sta anzi avvenendo l’esatto contrario.
La curva è
invertita perché i mercati si stanno chiedendo che senso abbiano tassi di rifinanziamento
Fed del 2,25% quando la BCE offre tassi sotto zero (-0,40%) e con ogni
probabilità li renderà ancora più negativi a settembre.
Trump sta
infatti chiedendo a gran voce che la Fed abbassi i suoi: che senso ha questa
differenza dal momento che l’inflazione rimane bassa, il dollaro rischia di
rafforzarsi troppo e la BCE sta non solo per procedere a ulteriori
abbassamenti, ma anche per ripartire con il QE ?
Nel contesto
attuale, il mercato sta prendendo atto che i tassi USA scenderanno non perché sia
in corso una stretta creditizia, ma perché in tutto il mondo non sussistono
condizioni per rendere il denaro più caro di quanto sia oggi: anzi, al
contrario.
In passato, l’inversione
della curva dei rendimenti spesso preannunciava una recessione perché si
associava alla stretta del credito. Oggi, no.
Non escludo una
recessione USA nel prossimo futuro. Non escludo nulla perché, per citare l'eminente economista Yogi Berra, “è molto difficile formulare previsioni, specialmente
riguardo al futuro”.
Ma l’inclinazione
della curva dei rendimenti non mi dice proprio niente. Il suo potere
predittivo, nelle condizioni odierne, è scomparso.
Ma perché la Fed agisce al contrario delle altre BC?
RispondiEliminaNon sta agendo al contrario, sta riducendo anche lei i tassi, partendo però da un livello più alto.
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