Alcuni giorni fa
Paul Krugman esaminava alcuni dati riguardanti inflazione e disoccupazione nell’Eurozona.
E si stupiva che questi dati portassero a stimare nell’8% circa l’Output Gap,
cioè il minor livello del PIL attuale rispetto a quanto si dovrebbe rilevare in
condizioni economiche normali: un ammanco enorme.
Lo stupore è
probabilmente dovuto al fatto che le stime fornite da OCSE, FMI e Commissione
Europea sono molto più basse, tendenzialmente intorno al 2-3%.
In realtà la stima
dell’8% è decisamente più vicina alla realtà, anzi è probabilmente errata per
difetto. Rendersene conto non è difficile partendo dalla constatazione che il
PIL italiano 2015 è inferiore del 9% a quello del 2007.
Prima dell’inizio
della crisi, sarebbe stata considerata deludente una crescita di nove punti nel giro di otto anni (poco più dell’1% medio).
L’ordine di grandezza dell’Output Gap italiano è quindi stimabile non nel 9%,
ma nel 18% almeno. E tenuto conto che il PIL italiano è circa un sesto di quello
dell’Eurozona, l’Italia contribuisce da sola per un 3% circa all’Output Gap
totale di quest’ultima.
Un altro 3% circa
è attribuibile a Francia + Spagna, che sono in condizioni meno depresse rispetto
al nostro paese, ma il cui PIL combinato è il doppio di quello italiano.
Aggiungiamo gli
altri paesi meridionali in pesante crisi (Portogallo, Grecia) e le altre
economie dell’area euro in condizione tutt’altro che ottimale (Finlandia, Paesi
Bassi) e una stima dell’8% appare, appunto, completamente verosimile.
Un’altra
indicazione interessante proviene dal fatto che dal 1999 a oggi, l’Eurozona ha
accumulato un ammanco di crescita, rispetto al Regno Unito (la più importante
economia europea che non usa l’euro) del 12% circa (ammanco tra l’altro in
costante incremento, trimestre dopo trimestre, perché la crescita del Regno Unito
continua a essere più sostenuta di quella dell’Eurozona).
Una parte di
questo vuoto di PIL si spiega con la minor crescita demografica, ma il grosso è
dovuto ai vincoli dell’Eurosistema e alla conseguente catastrofica gestione
degli eventi successivi alla crisi Lehman del 2008 e alla crisi dei debiti
sovrani, soprattutto dal 2011 in poi.
E va ricordato che
il Regno Unito non è stata in questi anni un’economia fortemente dinamica, e
che la crisi finanziaria l’ha colpito in modo particolarmente accentuato (visto
il peso del settore bancario – finanziario).
Pur essendo
profondamente critico in merito alle modalità di conduzione macroeconomica
dell’Eurozona, Krugman tende a prendere per buone, almeno in prima
approssimazione, le stime delle organizzazioni sovranazionali. La verità è
invece che FMI, OCSE e soprattutto Commissione Europea stanno arrampicandosi
sugli specchi per occultare le disastrose conseguenze dell’Eurosistema e delle
politiche di austerità: tra le altre cose, sottostimando pesantemente le
potenzialità produttive e di crescita dell’Eurozona, e quindi lo scarto tra il
PIL effettivo e quello potenziale.
Si sta parlando di
molte centinaia di miliardi di PIL perso ogni anno, di svariati milioni di
posti di lavoro in meno, di decine di migliaia di aziende fallite. E mese dopo
mese i numeri crescono.
Giuseppe Cernuto: L'output gap però non può essere la somma dei singoli output gap annuali. Il problema è che nel tempo le aziende muoiono, quindi una parte della capacità produttiva che prima rimaneva disimpegnata ma disponibile va definitivamente perduta.
RispondiEliminaDefinitivamente no. Le persone sono sempre lì. La capacità di produrre e le competenze rimangono. Alcune aziende muoiono ma le potenzialità per farne nascere altre c'è, in meno tempo di quanto non si creda (se le politiche economiche cambiano finalmente direzione). Vedi i post del 5.3.2014 e del 3.9.2015.
EliminaGiuseppe Cernuto: Sarò pessimista ma non sono d'accordo.
EliminaNon solo spariscono le infrastrutture (capannoni, macchinari, ecc.) ma spariscono anche competenze (che si dedicano ad altro e emigrano). E soprattutto le competenze disponibili ma non più impiegate "invecchiano", diventano obsolete senza allinearsi con le ultime innovazioni, dato che non vengono più utilizzate sul campo.
Guarda, erano cose che si dicevano anche negli anni 30 negli USA al culmine della Grande Depressione. Poi quando la domanda è ripartita (in seguito alla guerra, ma questa è un'altra storia: non c'era motivo perchè non potesse avvenire per altre vie) il trend del PIL ha recuperato TUTTO il terreno perso.
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