Sale l’interesse e
l’intensità del dibattito sulle varie opzioni di titoli a valenza fiscale –
CCF, Minibot, altre forme di Moneta Fiscale – da introdurre per superare le
disfunzioni dell’Eurosistema e mettere fine alla crisi economica.
In parallelo, mi
trovo spessissimo a dibattere con interlocutori la cui posizione si riassume
come segue. Sì, va bene, abbiamo capito, sono strumenti utili, sulla carta
magari anche risolutivi, ma non funzionerà così – saranno osteggiati,
boicottati da UE e BCE, ci scateneranno contro la speculazione, i mercati, lo
spread, la chiusura delle banche, Godzilla e King Kong – serve altro, serve il
breakup secco immediato, e anche l’uscita da tutti i trattati, dalla UE, dalla
NATO, dal sistema solare.
Cerco, quindi, di
sintetizzare nel modo più chiaro possibile come vedo la situazione.
L’uscita “secca”
dall’euro mediante breakup non è tecnicamente impossibile, ma è complessa e,
soprattutto, le condizioni politiche non ci sono oggi né ci saranno neanche
dopo le prossime elezioni (perché non ci sarà una maggioranza parlamentare
pro-breakup). Dire “breakup o niente” quindi equivale a dire niente, oggi e per
i prossimi svariati anni.
D’altra parte,
introdurre uno strumento fiscale parallelo – che non viola trattati e
regolamenti UE – è un’iniziativa che può essere fermata solo con azioni
estremamente pericolose per la tenuta del sistema UE / euro stesso. Interrompere
di colpo il QE ? revocare l’OMT (il whatever
it takes di Draghi, per intenderci) ? sospendere i canali di
rifinanziamento della BCE nei confronti di Bankitalia e quindi del sistema
bancario italiano ?
Sono tutte azioni
che, a parte configurare (quelle sì) rotture dei trattati, equivalgono a
scatenare una pesante crisi finanziaria e bancaria. Mi sembra estremamente
arduo che si formi, a Bruxelles e a Francoforte, il consenso necessario per
attuare qualcosa di simile.
In altri termini,
le difficoltà politiche che esistono per attuare il breakup secco e improvviso
da parte dell’Italia non solo vengono meno, ma risultano, in larga misura,
ribaltate su UE e BCE.
Ma, si dirà,
queste pressioni la BCE le ha esercitate in passato. Ha condizionato misure di
sostegno al debito pubblico italiano all’attuazione di un programma di
austerità, nel 2011. Ha interrotto l’espansione di linee emergenziali di
liquidità – l’ELA – alle banche greche a fine giugno 2015, nell’imminenza di un
referendum sulle misure richieste dalla UE.
In tutti questi
casi, però, la situazione di crisi (indubbiamente legata, anzi in buona
sostanza prodotta, dall’assetto
disfunzionale dell’Eurosistema) preesisteva: non è nata nel momento in cui la
BCE ha attuato quelle azioni.
A scanso di
qualsiasi equivoco: non le sto difendendo. Le azioni andavano in una direzione
totalmente errata. Non hanno risolto la crisi, ma l’hanno esacerbata. L’analisi
delle cause e le conseguenti “prescrizioni” erano, e sono, completamente
sbagliate. Si è gestita una crisi di domanda – conseguente alla crisi
finanziaria mondiale del 2008 – come se fosse causata da eccessi di debito
pubblico, con il risultato di forzare l’introduzione di politiche procicliche
che hanno depresso ulteriormente varie economie nazionali (e non hanno neanche
invertito la tendenza alla crescita del rapporto debito pubblico / PIL).
Però la “crisi
dello spread” del 2011 non è nata a causa di azioni specifiche della BCE. E’
stata gestita in modo totalmente inappropriato, ma non è stata innescata in
quel momento.
E quando la BCE
nel giugno 2015 ha sospeso l’estensione della liquidità di emergenza alle
banche greche (provocandone la chiusura) si stava acutizzando una
corsa agli sportelli iniziata parecchio tempo prima. E la Grecia aveva appena
fatto default su una rata di rimborso al Fondo Monetario Internazionale.
In altri termini:
non intervenire, o intervenire in modo inappropriato, quando una crisi è in
corso e sta raggiungendo una fase di tensione particolarmente critica, è una
cosa. Agire in modo violento – e in completa rottura dei trattati – per provocarne una, è un’altra faccenda.
Molto, ma molto più grave.
A chi delinea
scenari da tregenda, in definitiva, rispondo: non credo che le cose stiano come
dite voi, e in ogni caso adottare il vostro punto di vista equivale a non fare
nulla per n anni a venire.
Al contrario, l’opportunità
di fare qualcosa di molto rilevante può esserci, e tra pochi mesi. Io, oggi,
punto su quella.
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