mercoledì 22 aprile 2020

Il saldo commerciale estero dell’Italia


L’interscambio commerciale italiano con l’estero era partito alla grande all’inizio del 2020, come si scopre esaminando i dati raccolti dalla Banca d’Italia.

Il surplus commerciale estero aveva raggiunto, nel 2019, il record storico di 58,4 miliardi di euro. Il bimestre gennaio-febbraio 2020 ha registrato un ulteriore notevole ulteriore miglioramento rispetto all’anno precedente. I mesi iniziali dell’anno per motivi stagionali sono più deboli della media. Ma comunque il surplus è salito da 2,4 a 6,5 miliardi.

E’ l’effetto combinato di una crescita del 5% nelle esportazioni di beni e servizi (per meglio dire dei beni, +6,1%, mentre i servizi sono scesi del -0,8%) a fronte di importazioni pressoché piatte al +0,2% (beni +0,5%, servizi -1%).

Questo, prima del lockdown. Sarò molto curioso di scoprire che cosa sta succedendo tra marzo e aprile. Non mi stupirebbe che il surplus cresca in misura ancora più accentuata.

Ovviamente la produzione è calata perché molte aziende sono chiuse, ma il mio sospetto è che l’export abbia (relativamente) tenuto, in quanto la restrizioni dei nostri partner commerciali sono state quasi sempre (forse senza il quasi) parecchio meno accentuate delle nostre. In pratica, chi ha prodotto (e chi ha smaltito il magazzino) ha venduto proporzionalmente più all’estero che in Italia.

Mi aspetto invece un crollo dei nostri consumi interni, e di conseguenza anche delle importazioni.

La caduta del prezzo del petrolio è un fattore in più che spinge nella stessa direzione. Due giorni fa il WTI per consegna aprile è sceso all’incredibile livello di meno 40 dollari al barile. Si veniva pagati per comprare. Questo fenomeno è connesso alla saturazione dei siti di stoccaggio negli USA. Si ricevono soldi, in pratica, se si è in grado di ritirare (nel senso fisico) i barili e di aiutare il decongestionamento.

In effetti il petrolio europeo, il Brent, sta invece oscillando su valori meno assurdi, intorno a 20 dollari o poco più. Ma prima della crisi sanitaria eravamo a 50-60.

Nel frattempo, al 31.12.2019, la NIIP (Net International Investment Position) dell’Italia si è quasi azzerata: -30 miliardi, ovvero -1,6% rispetto al PIL. Aveva raggiunto -27% tra fine 2013 e inizio 2014.

La NIIP è la differenza tra attività patrimoniali estere possedute da residenti italiani, e attività patrimoniali italiane possedute da residenti esteri. In altri termini, è il passivo patrimoniale italiano verso l’estero.

Questo indicatore era quasi a zero a fine 2019 e con ogni probabilità in questi mesi si sta portando in territorio positivo. La prossima volta che sentite qualcuno dire che “l’Italia è piena di debiti”, mordetegli un polpaccio da parte mia.

I problemi finanziari dell’Italia nascono da un errore, uno solo: aver convertito il debito pubblico in una moneta straniera, sopravvalutata rispetto ai fondamentali della nostra economia.

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