L’Italia ha
necessità di riprendere possesso della sua sovranità monetaria per tre motivi
precisi, tra di loro collegati.
Immettere nell’economia
reale risorse finanziarie che stimolino la domanda, in modo da riassorbire la
disoccupazione prodotta dalla crisi economica: quindi incrementare il saldo
netto tra spesa pubblica e carico fiscale, incrementando la prima e/o
diminuendo il secondo.
Rispettare il
vincolo di equilibrio nei saldi commerciali esteri, in modo che non si crei uno
sbilancio strutturale e sistematico tra importazioni ed esportazioni.
Finanziare
questa immissione di risorse mediante moneta sovrana, cioè mediante attività
finanziarie che lo Stato possa liberamente creare nella quantità necessaria per
raggiungere gli obiettivi di cui sopra, SENZA condizionamenti esterni (ivi
inclusa la necessità di indebitarsi con entità private e/o straniere).
Per soddisfare
questi obiettivi NON è necessario ridenominare, da euro in una nuova moneta, i
contratti e i rapporti giuridico-finanziari in essere.
NON è neanche
necessario sostituire l’euro con una nuova moneta svalutata.
Può essere
emessa una forma di moneta nazionale, accettata dallo Stato italiano a
soddisfacimento delle obbligazioni finanziarie nei suoi confronti (in primo
luogo le imposte), e attribuita a cittadini e imprese nella misura necessaria.
NON è
indispensabile che questa forma di moneta nazionale circoli sotto forma di
banconote e monete metalliche. Si può trattare di titoli, quali i Certificati di Credito Fiscale.
NON è
indispensabile alcuna forma di svalutazione. La svalutazione è una modalità per
migliorare il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) delle aziende
italiane, evitando che lo stimolo alla domanda necessario a riportare
l’economia nazionale in condizioni ottimali, in primo luogo sul piano
dell’occupazione, squilibri i saldi commerciali esteri. MA lo stesso risultato
può essere ottenuto utilizzando una parte delle assegnazioni di CCF per ridurre
il carico fiscale che grava sulle aziende italiane.
Identificare il
ripristino della sovranità monetaria nazionale con la combinazione break-up
dell’euro + svalutazione è UN ERRORE. Non è l’unica via e non è nemmeno la più
efficiente. La sua applicazione comporterebbe parecchie difficoltà (turbolenze
sui mercati bancari e finanziari, contenziosi giuridici, necessità – in pratica
molto difficile da realizzare – di operare in totale segretezza nell’imminenza
dell’operazione). Non è impossibile ma le difficoltà sono decisamente elevate.
L’Italia ha la
possibilità di riprendere possesso della sua sovranità monetaria, e di attuare
politiche macroeconomiche che producano il completo superamento della crisi,
ANCHE continuando a utilizzare l’euro come moneta corrente e come moneta di
conto, e senza attuare nessun tipo di cambiamento forzato in alcun rapporto contrattuale
o finanziario attualmente in essere.
Lo sbilancio commerciale tra nord e sud del privato sono a carico dello Stato nel momento in cui i deficit commerciali diventano debito estero? Perché si ragiona con il concetto massificante del bilancio commerciale e non si dice alle aziende in crisi ognuno ragioni per se sganciandole dalla misurazione di uno Stato? Questo veramente non riesco a capirlo.Lorenzo Zan
RispondiEliminaGli sbilanci commerciali sarebbero a carico delle aziende e dei consumatori che si indebitano con l'estero, ma se poi il carico finanziario diventa eccessivo possono innescarsi salvataggi a spese dello stato, specialmente se banche nazionali hanno finanziato un deficit estero in moneta straniera. La situazione sana è, tendenzialmente, quella di conti esteri in equilibrio. Salvo essere gli USA, che si indebitano comunque in dollari, cioè in moneta propria... ma non è una situazione che molti altri possono replicare.
EliminaHo capito tutto però mi manca un altro tassello.
RispondiEliminaSupponiamo che ci siano 10 000 imprese che siano in avanzo con i conti all'estero,mentre il sistema Paese è in sbilancio nella sua totalità.
Ora,se io fossi cinico potrei affermare che le 10 000 aziende in questione vanno bene e che non me ne frega nulla delle altre 100 000 che indebitate verso l'estero mi rendono il sistema Paese in sbilancio-
La domanda è questa: se la bilancia commerciale non esistesse, se non ci fossero soglie nello surplus, sarebbe un bene o un male? ( in parole povere le singole aziende in deficit anche di grandi dimensioni rispondono del loro fallimento senza che si sappia convenzionalmente attraverso la bilancia commerciale,ognuno risponde per sè,senza pesare sulle scelte complessive fondate su una convenzione dell'uomo).
Lorenzo Zanellato
Grazie mille
Le 10.000 aziende in surplus non hanno problemi, se le 100.000 in deficit non necessariamente ne hanno perché magari alcune, a fronte dell'indebitamento in valuta hanno asset all'estero (probabilmente la maggior parte). Quelle che vanno veramente male falliranno (ma può anche succedere per aziende che lavorano solo sul mercato interno e non hanno debito in valuta). Il problema sorge solo per quelle così grandi da creare potenziali sconquassi nel sistema. Se sono in dissesto finanziario ma operativamente possono reggere, può aver senso che lo stato intervenga, anche con nazionalizzazioni e successive rivendite - com'è accaduto per le banche in USA, UK, anche Svezia in passato ecc. Azionisti e creditori perdono ma occupazione e operatività aziendale possono essere salvati. Ma questo lo fai se sei fuori dai vincoli dall'Eurosistema, altrimenti diventa molto difficile...
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