L’ultimo post cercava di spiegare sotto quali condizioni tenere le Olimpiadi in Italia
potrebbe dare slancio all’economia – condizioni la cui esistenza è però, oggi, molto
dubbia. Il giorno dopo, purtroppo, un tema in qualche misura analogo è emerso a
seguito di un evento ben più tragico, il terremoto che ha colpito il Centro
Italia provocando 300 vittime e gravissimi danni materiali.
Il dibattito è
stato alimentato anche da uno scambio di opinioni tra Bruno Vespa e il ministro
Graziano Delrio, i quali hanno dichiarato (o forse auspicato) nel corso di un
programma televisivo che la ricostruzione post terremoto darà impulso all’economia
– come è avvenuto, ad esempio, dopo il sisma friulano del 1976.
A molti
ascoltatori queste affermazioni sono apparse fuori luogo e di cattivo gusto. Ma
è indiscutibile che, in un’economia come quella italiana, che opera oggi molto
al di sotto del suo potenziale produttivo (come testimoniato dall’altissimo
livello di disoccupazione e dall’inflazione a zero, con il rischio di scivolare
in deflazione), un’iniezione di domanda – anche se purtroppo motivata da un
evento tragico – avrebbe una ricaduta positiva sui livelli di attività
economica.
Il problema è
che, come commentavo a proposito delle Olimpiadi, “le “condizioni attuali”
consistono in un insieme di vincoli, quello dell’Eurosistema, che impongono
limiti massimi ai deficit di bilancio pubblico tali da mantenere l’economia
fortemente al di sotto di condizioni di pieno impiego delle risorse produttive,
impedendo così di risolvere una crisi dovuta a depressione della domanda. Finché
si rimane all’interno di questo sistema, si è costretti ad aumentare tasse o a
tagliare servizi pubblici per coprire una spesa in più.”
L’ottimismo di
Vespa e di Del Rio sarebbe motivato SE i costi per i soccorsi alle vittime del terremoto,
per la ricostruzione, per la prevenzione di futuri eventi catastrofici, producessero
immissione di potere d’acquisto nell’economia: un incremento di spesa pubblica
netta, in altri termini.
Spero di
sbagliarmi, ma dubito che questo accadrà. Avverrà invece niente di più di quanto prevedevo un paio di settimane fa: a seguito dei deludenti risultati dell’economia
– deludenti perché ci si ostina ad affrontare una crisi di domanda intervenendo
sull’offerta – gli obiettivi di riduzione del deficit pubblico non saranno
raggiunti, per cui “si parla di “ottenere maggiore flessibilità” dalla UE, ma
questo che significa ? il rapporto deficit pubblico / PIL italiano nel 2015 è
sceso al 2,6% rispetto al precedente 3%. Nel 2016 e nel 2017 erano programmate
ulteriori discese rispettivamente al 2,3% e all’1,8%. La “maggiore
flessibilità” a cui si punta consisterebbe nel continuare a ridurre il deficit,
ma più lentamente. Magari, ad esempio, a 2,4% quest’anno e a 2,2% il prossimo.”
In pratica PRIMA
del terremoto stimavo che, tra 2016 e 2017, sarebbe stato “benevolmente”
concesso dalla UE uno sforamento totale di deficit (rispetto ai precedenti obiettivi
di discesa) dello 0,5% complessivo: otto miliardi di euro o poco più. Questo,
in effetti, in conseguenza del fatto che gli obiettivi precedenti si sono
rivelati irraggiungibili – e si sono rivelati irraggiungibili perché attuare
azioni restrittive del deficit in situazione di domanda depressa rallenta l’attività
economica molto più di quanto il governo e la UE siano disposti ad ammettere.
La mia
previsione è che, decimale più decimale meno, le “concessioni” rimarranno appunto
nell’ordine dello 0,5% totale sopra citato. E visto che c’è necessità di “etichettarle”
in qualche modo, si dirà che lo 0,5%, gli otto miliardi, sono giustificati ad
esempio per metà dal terremoto e per metà da qualcos’altro (l’accoglienza ai
migranti, probabilmente).
Naturalmente,
non mancheranno annunci e titoli di giornale che diranno cose tipo “la UE dà
quattro miliardi per il terremoto”. La verità è che non sta dando nulla: gli
obiettivi di deficit continueranno a essere di contrazione, quindi di sottrazione
di risorse dall’economia reale, e saranno comunque gli stessi che avremmo avuto
senza terremoto.
Il che equivale
a dire che, a tutti gli effetti pratici, il costo del terremoto lo pagheranno i
cittadini italiani, subendo le consuete miscele di tagli & tasse, senza
nessuna delle ricadute economiche positive di cui parlavano Vespa e Delrio.
Finché l’Eurosistema
rimane questo, non c’è da aspettarsi nulla di meglio. Cambiare si può, e (sul
piano tecnico) anche con grande facilità. Il che fa ancora più rabbia.
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