Fino a qualche
tempo fa, Wolfgang Munchau, editorialista del Financial Times, poteva essere
considerato un moderato eurocritico. Moderato nei toni, ma comunque in dissenso
riguardo alle politiche di governance
economica dell’eurosistema – in particolare l’austerità e il Fiscal Compact.
Ultimamente però mi
dà l’idea di strizzare sempre più l’occhio all’establishment, e il suo breve primo articolo di commento alla
vittoria elettorale di Macron conferma l’impressione. E’ anche, peraltro, un articolo
molto, ma molto confuso.
Il successo di
Macron induce l’Eurozona e la UE alla speranza, dice il testo, perché esprime
una chiara volontà di “stare nell’Eurozona, e riformare” invece di
abbandonarla.
Questa è la scelta
corretta, secondo Munchau, perché in definitiva la crescita economica francese
dall’introduzione dell’euro in poi è stata – contrariamente a quanto spesso si
crede – allineata a quella tedesca. Il problema per Munchau a questo punto è –
udite udite - ridurre il debito pubblico, che ha raggiunto il 100% del PIL.
In realtà, se è
vero che la Francia dal 1999 è cresciuta quanto la Germania (un po’ meno per la
verità in termini di PIL pro capite) questo è dovuto al fatto (citato nell’articolo)
che la crescita francese è stata più alta fino al 2008, e inferiore
successivamente.
Quanto piaccia
agli elettori la bassa crescita è dimostrato dal fatto che il governo Schroeder,
autore delle “riforme Hartz” che hanno precarizzato il mercato del lavoro, avviato un processo di compressione salariale, e causato diversi anni di crescita scadente in Germania, nel 2005 ha perso le elezioni.
La Germania da lì
in poi ha sfruttato il vantaggio competitivo dovuto al contenimento delle
retribuzioni all’interno di un sistema di cambi fissi (il sistema Euro), generando
enormi surplus commerciali. Ma questo ha messo in grave difficoltà il resto
dell’Eurozona: difficoltà dalle quali l'uscita non è alle viste.
La Francia risente
di questa situazione, e la percezione di debolezza e disagio economico è forte,
tanto è vero che al primo turno l’elettorato si è spaccato quasi 50-50% tra
candidati anti- e pro-establishment. Se
Macron ha vinto nettamente il ballottaggio, è perché – com’era prevedibile – la
grande maggioranza degli elettori della sinistra eurocritica che ha sostenuto Mélenchon
al primo turno non si è sentita di votare l’estrema destra al secondo.
Ma il disagio
economico-sociale in Francia rimane profondo. Ora, che cosa propone Macron “per
risolverlo” ? Riforme del lavoro ancora più incisive per precarizzarlo e
contenere i salari, e tagli di spesa pubblica in parte compensati da riduzioni
d’imposte – ma solo in parte, per ridurre comunque il deficit pubblico. Quindi
un consolidamento fiscale che Munchau definisce “mild”, moderato, ma sempre consolidamento fiscale è.
In realtà, se il
disagio in Francia è (per quanto significativo) meno accentuato che in
Italia, è proprio perché le dosi di austerità a cui i transalpini sono stati
sottoposti fin qui sono state meno violente. Un maggior consolidamento fiscale
in Francia, per quanto “mild”, è un
passo nella direzione sbagliata, non certo una soluzione.
Occorre sempre
ricordare due cose in merito al successo dell’economia tedesca: in primo luogo,
che le politiche di compressione salariale hanno avuto successo (a prezzo
peraltro della marginalizzazione e dello scadimento delle condizioni di vita di
ampi segmenti di popolazione) solo perché la Germania ha generato enormi surplus
commerciali. E una strategia in cui TUTTA l’Eurozona accelera la crescita accumulando
enormi surplus esteri è, semplicemente, impossibile da realizzare (per il
banale motivo che il surplus di qualcuno è il deficit di qualcun altro).
E in secondo
luogo, che in Germania le riforme del governo Schroeder sono state quantomeno
accompagnate da espansione fiscale (incremento dei deficit pubblici) negli anni
in cui venivano messe in atto. Mentre oggi la Francia (e l’Italia) dovrebbero “riformare”
e “consolidare” in contemporanea.
La vittoria
elettorale di Macron non dà proprio nessuna speranza a chi si augura un sensato
ed efficace processo di riforma che metta termine alla crisi dell’Eurozona.
Salvo che non faccia cose molto, ma molto diverse rispetto a quanto affermato
nel suo programma…
Cosa succederà in pratica ? forse non molto, ma comunque niente di buono. Macron cercherà di fare un po' di austerità in più ma ci riuscirà solo a metà, un po' di precarizzazione del lavoro in più ma ci riuscirà solo a metà, le cose in Francia andranno un po' peggio e la UE dirà che non si sono fatte abbastanza riforme.
RispondiElimina