lunedì 16 gennaio 2023

Il peg, questo sconosciuto

 

In questi ultimi tempi, si sta parlando parecchio (e anch’io ho scritto un paio di post al riguardo, vedi qui e qui) della politica giapponese di contenimento dei tassi d’interesse sui titoli di Stato (il cosiddetto “Yield Curve Control”).

Spicca per il suo attivismo comunicativo sul tema Robin Brooks, capo economista dell’International Institute of Finance (una sorta di associazione di categoria, con finalità lobbystiche, delle grandi istituzioni bancarie e finanziarie).

Brooks può essere definito un “fondamentalista del mercato”. In pratica, ritiene che i mercati siano il miglior giudice del valore di una determinata attività finanziaria, e che i tentativi degli Stati e delle banche centrali di condizionarne l’evoluzione siano, nel tempo, insostenibili.

Di conseguenza, con periodicità quasi quotidiana ci fa sapere via twitter che la Bank of Japan dovrà presto cessare la sua politica e in particolare lasciare che i rendimenti dei titoli decennali salgano molto oltre l’attuale tasso soglia dello 0,5% (che nel dicembre scorso in realtà ha già subito un piccolo aggiustamento rispetto al precedente 0,25%).

L’indicazione che questo stia per avvenire sarebbe, secondo Brooks, il fatto che per sostenere quel livello la BOJ sta acquistando enormi quantità di titoli.

Viene immediatamente da obiettare che la BOJ acquista titoli in yen emettendo yen. E che la macchina da stampa, o i bit di computer, sono pienamente operativi, senza limiti fisici.

Un po’ di tempo fa, a questa obiezione veniva risposto che questo stava comportando una “terrificante” svalutazione dello yen sui mercati valutari, il che avrebbe innescato inflazione nel paese del Sol Levante.

Dopodiché, curiosamente, il cambio dello yen ha invece cominciato a rafforzarsi. Da un minimo di 152 contro dollaro a ottobre 2022 è risalito a 128. E l’inflazione giapponese, pur essendo un poco aumentata, è su livelli molto inferiori (3,7% a dicembre 2022) rispetto al quasi 7% USA e al 10% abbondante eurozonico. Analoga differenza riguardo all’inflazione core (quella calcolata escludendo energia ed alimentari), ferma a zero contro il 4%-5% nel resto del mondo economicamente sviluppato.

La ragione per cui la BOJ sia costretta a mutare politica in preda a chissà quale panico, in effetti, non si vede.

Brooks paragona, tra le altre cose, il peg giapponese sui tassi a un peg sul cambio. E cita il caso della Svizzera, che nell’agosto 2011 ha imposto un rapporto di 1,20 per il franco contro euro ma nel gennaio 2015 è stata (a suo dire) “costretta” ad abbandonarlo. Attualmente il franco svizzero oscilla intorno alla parità con l’euro.

L’equivoco sta in quel verbo tra virgolette: “costretta”.

La Svizzera poteva mantenere il peg quanto gli pareva. Indebolire un cambio rispetto ai precedenti livelli di mercato è sempre possibile. Basta emettere la tua moneta e usarla per comprare l’altra, a un cambio inferiore rispetto a quello in precedenza predominante.

Se gli svizzeri a un certo punto hanno rimosso il peg, non è perché ci sono stati “costretti”. Il franco svizzero, date le caratteristiche del paese (alta produttività e bassa inflazione) tende a rafforzarsi nel tempo. E questo non dispiace alle autorità, purché la rivalutazione avvenga con gradualità, senza strappi.

Complice l’eurocrisi, il rafforzamento del franco nel 2011 era stato troppo rapido, e questo creava problemi alle aziende locali. Si è quindi deciso di ridimensionare la forza del franco, ma era evidente che la cosa sarebbe durata qualche anno, non all’infinito. Un euro / franco alla pari creava difficoltà agli svizzeri nel 2011, mentre è accettabile e anzi opportuno ad anni di distanza.

Gli svizzeri, in altri termini, hanno rimosso il peg quando l’hanno ritenuto non più utile. Non perché siano stati forzati da chissà che cosa.

Allo stesso modo, può darsi che prima o poi i giapponesi modifichino la loro politica di (non) remunerazione dei titoli di Stato. Ma siccome emettono in yen, nessuna levata d’ingegno dei mercati finanziari li forzerà a farlo. La faranno se e quando parrà loro utile.

 

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