Parecchi
studiosi, ricercatori, commentatori eurocritici esprimono spesso l’opinione che
l’euro sia destinato a deflagrare da solo, e in tempi non lunghi, a causa del
sopravvenire una pesantissima crisi finanziaria internazionale. Un nuovo 2008,
in altri termini.
Non so se definirla
una speranza o semplicemente una previsione. Ma ritengo opportuno spiegare perché
non sia un evento ad alta probabilità, sicuramente non in un arco di tempo
ragionevolmente breve.
La crisi
finanziaria del 2008 e la successiva depressione indotta dallo scoppio di una bolla
finanziaria speculativa, estesa a livello mondiale, hanno come precedente il
crollo del 1929. In mezzo, c’è una arco temporale di settantanove anni.
In termini di
caduta dei valori azionari di borsa (calo di oltre il 50% in termini reali), esiste
un precedente meno remoto, il 1973-1974. Ma l’origine del fenomeno era diversa –
la crisi petrolifera innescata dalla guerra del Kippur – e comunque non ne
seguì una depressione economica mondiale. Si avviò una forte ma relativamente
breve recessione, e parecchi anni di inflazione a due cifre. Ma cause e
dinamica della crisi furono nettamente diverse.
In ogni caso,
tra il 1973 e il 2008 sono passati trentacinque anni.
Crolli di
mercato tali da produrre conseguenze estese e pesanti sull’economia produttiva,
non in un singolo paese bensì a livello internazionale, sono fenomeni ricorrenti,
ma a distanza di generazioni, non di anni.
E la frequenza “generazionale”
si spiega, appunto, proprio perché certi eccessi speculativi arrivano a
livelli incontrollabili quando la generazione precedente di policymakers, investitori, operatori di
mercato finanziario non è più in circolazione. Per raggiunti limiti di età,
semplicemente.
E’ la
generazione successiva che arriva a un certo punto a creare nuovi, grossi guai perché
“stavolta è differente”, “abbiamo capito gli errori del passato”, “ci sono
strumenti di controllo e analisi del rischio che prima mancavano”. Non è vero
niente, si ricade negli stessi errori. Ma ci ricade chi non ha sperimentato
sulla propria pelle le conseguenze dei precedenti.
Ci sarà prima o
poi un nuovo 2008 ? senz’altro. Entro un anno o qualche anno ? niente è
impossibile, ma è un evento altamente improbabile.
Un altro 2008 me
lo aspetto con discreta probabilità intorno al 2040, più facilmente nel 2080 o
giù di lì. In questo secondo caso, temo proprio di non essere da queste parti
per vederlo accadere.
Ma se invece un
nuovo 2008 si verificasse da qui a pochi mesi, o a pochi trimestri ? Beh, anche
in questo caso che ne consegua la rottura dell’euro non è per niente
garantito. Anzi.
L’euro non si
rompe per fenomeni endogeni, se c’è la volontà – e c’è, come si è visto nel 2012 – di mettere un coperchio
sopra la pentola che sta andando in ebollizione. A questo si riduce il whatever it takes di Draghi, che ha
impedito la deflagrazione, senza però rimuovere le cause né tantomeno
risolvere la crisi.
Non contiamo che
le cose si sistemino da sé, sia pure in conseguenza di un passaggio traumatico. Le disfunzioni dell’eurosistema
vanno superate con un intervento mirato, efficace, e non deflagrante. La via
esiste, ed è il progetto CCF.
Sarebbe meglio smantellare l'euro di comune accordo o unilateralmente. Alla fine una decisione politica può essere sovvertita solo da un'altra decisione politica.
RispondiEliminaIl punto al solito è un'altro, siamo un popolo che preferisce una sicura sottomissione ad una guerra per la propria libertà. Dino
Ma il "comune accordo" non c'è, e lo smantellamento unilaterale è di gran lunga troppo complicato (politicamente e operativamente): non in teoria ma in pratica. La strada è il progetto CCF.
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