Alcune recenti discussioni su twitter, pardon su X, mi hanno fatto capire come il tema che pensavo di avere adeguatamente sviscerato in questo post generi ancora, invece, parecchie incomprensioni e confusioni.
L’argomento è: i deficit commerciali esteri sono un potenziale problema, per un paese ?
E la mia risposta, in sintesi, è che non lo sono se sono finanziati, direttamente o indirettamente, in moneta nazionale, cioè se il settore estero nel suo complesso è disposto ad aumentare le attività finanziarie nella moneta sovrana dell’importatore. Il che in pratica equivale a dire che il deficit commerciale è finanziato con emissione di moneta propria.
Altrimenti il paese in deficit aumenta il suo debito netto in moneta estera. E’ vero che si tratta di debito privato e non di debito pubblico, ma i debitori possono subire, in circostanze economiche negative, un dissesto che oltre certe proporzioni può mettere in difficoltà l’intera economia nazionale. E questo dissesto è molto più facile da “tamponare” se il passivo dei debitori privati è in moneta nazionale; decisamente più difficile se è in valuta straniera.
A questa argomentazione, mi sento spesso replicare che in realtà il problema non sussiste, perché l’importatore che deve pagare (poniamo) dollari ed è residente (poniamo) in Messico deve semplicemente andare dalla sua banca centrale e vendere pesos contro dollari, con i quali paga l’esportatore.
Piccolo dettaglio che questa linea di pensiero trascura: la banca centrale messicana per ottenere i dollari o si indebita, o li compra vendendo a sua volta pesos.
Ma in regime di cambio flessibile (mi si obietta) il cambio si aggiusterà in modo da consentirlo, giusto ? sarà quindi sempre possibile vendere pesos ottenendo dollari in quantità sufficiente.
Beh la risposta è che no, oltre certi livelli non è possibile. Altrimenti il Burundi (per esempio) potrebbe importare tutti i beni che vuole. Basterebbe emettere franchi burundiani e convertirli.
Il punto è che il cambio flessibile aiuta a gestire e anche a riassorbire i deficit commerciali da finanziare con pagamenti esteri. Ma solo entro certi limiti. Passati i quali, la pressione al ribasso sul cambio rende impossibile ottenere la valuta straniera nelle quantità necessarie.
Certo, gli USA non hanno problemi a finanziare il loro deficit commerciale – perché pagano dollari.
Certo, l’Australia ha registrato deficit commerciali per quarant’anni consecutivi senza generare difficoltà – perché il settore estero ha accettato di aumentare la sua detenzione di attività finanziarie in dollari australiani.
Ma non tutti i paesi si trovano in questa situazione.
E quindi il deficit commerciale in moneta estera, cioè l’eccesso di
importazioni pagate in valuta rispetto alle esportazioni a fronte delle quali si
riceve valuta, ha un limite, oltre il quale diventa un problema.
Luigi Secchi: Un articolo chiarissimo come sempre. Un dubbio però. La tua potrebbe essere un'argomentazione (cervelloticamente) pro-euro. Assumendo che l'euro verrà utilizzato come valuta di riserva parziale (un dollaro di seconda scelta...) dal mondo, si potrebbe allora sostenere che l'euro rispetto alla lira ha questo beneficio: che, per il meccanismo che descrivi, la lira ci costringeva ad un maggiore equilibrio sulla bilancia dei pagamenti, l'euro invece ci permette di importare di più. La controargomentazione -forse- è far notare che questo è un gioco pericoloso...
RispondiEliminaDa un lato è pericoloso, dall'altro sarebbe in qualche modo un vantaggio se l'euro lo emettessimo noi. Ma è una moneta straniera, quindi una moneta a debito...
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