Il Fiscal Compact
è un trattato approvato a fine 2011 che impone limitazioni ai deficit pubblici
dei vari stati che l’hanno sottoscritto, nonché un percorso di riduzione del rapporto
debito pubblico / PIL. I firmatari sono tutti gli stati dell’Unione Europea,
eccettuati il Regno Unito e la Repubblica Ceca.
La finalità del Fiscal
Compact è la riduzione dei rischi di insolvenza degli stati, con le loro
potenziali conseguenze: dissesto dei sistemi finanziari e bancari, e/o
necessità di ricorrere a salvataggi che graverebbero sugli altri stati.
A tal fine, la
valenza dei CCF (Certificati di Credito Fiscale) è che sono titoli che non
comportano impegni di rimborso. Lo stato emittente assume solo l’obbligo – nei confronti
del titolare di un CCF - di ridurre (a partire da una data futura prestabilita)
i pagamenti dovuti per tasse, imposte o altre obbligazioni finanziarie.
Nessuno stato che
emetta un CCF può quindi trovarsi costretto a essere inadempiente nei confronti
dell’impegno assunto con l'emissione del CCF stesso.
Gli obiettivi del
Fiscal Compact sono quindi conseguiti da un sistema CCF integrato da adeguate clausole di salvaguardia.
Tutto questo, senza creare condizioni di prociclicità che impediscono alle economie di superare in
tempi ragionevoli shock esogeni negativi, e per di più, nello stesso tempo, vanificano gli obiettivi stessi del Fiscal Compact.
Uno stato che
emetta CCF è sempre in grado di attuare azioni di rilancio della domanda e di
miglioramento della competitività delle proprie aziende, rispettando vincoli
quali il 3% massimo di rapporto deficit pubblico / PIL (o anche inferiore), o
la riduzione graduale, in un periodo di tempo per esempio di vent’anni, del
rapporto debito pubblico / PIL. Dove il deficit è definito come saldo tra
pagamenti e incassi del settore pubblico effettuati in euro (o in altre monete
straniere), e il debito come ammontare dei titoli di Stato che devono essere rimborsati
in euro (idem: o in altre monete straniere).
Le erogazioni di
CCF e l’ammontare di CCF in circolazione non rilevano, a tali fini, perché non
esiste rischio di default sull’impegno connesso a un CCF.
Nelle condizioni
odierne, al contrario, il tentativo di rispettare gli obiettivi del Fiscal
Compact in un contesto di economia depressa comporta pesanti e permanenti
effetti negativi su domanda e occupazione, e per di più rende impossibile il
raggiungimento degli obiettivi stessi.
non c'è differenza se il debito ccf graverà sui cittadini e non sullo stato perché il debito privato alla fine del ciclo economico finisce sempre sulle casse statali e quindi sulle tasse.
RispondiEliminaOTTIMO ARTICOLO COME SEMPRE
RispondiEliminail veto sul fiscal compact? Ok, ma se non abbassiamo il debito/pil, appena salgono i tassi si "balla".
RispondiEliminaPierluigi Dei negri cit.
Lorenzo Zanellato
Non se rimane in essere il "whatever it takes" di Draghi (e se viene meno salta l'euro).
EliminaDraghi è in scadenza.
EliminaCit. Pier
Lorenzo Zanellato
A fine 2019. Poi rimane valida la seconda parte del commento precedente...
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