Altrimenti detto: neanche l’Italia è un’Area Valutaria Ottimale – quindi ?
I guai dell’unione monetaria europea ci stanno affliggendo da alcuni
anni, in modo sempre più pressante. Con il dualismo Nord – Sud italiano ci
siamo invece nati e vissuti, per cui tendiamo ad accettarlo con fatalismo, come
fosse la conseguenza di una legge di natura.
I dati sono noti, ma riguardarli fa sempre una certa impressione.
PIL
| |||||
PIL
ITALIA 2012
|
Popolazione
|
PIL
|
pro-capite
|
Indice
| |
Piemonte
|
4.367.997
|
125.400
|
28.709
|
109
| |
Valle
d'Aosta
|
126.978
|
4.520
|
35.597
|
135
| |
Lombardia
|
9.759.209
|
333.000
|
34.122
|
130
| |
Trentino
Alto-Adige
|
1.037.104
|
34.950
|
33.700
|
128
| |
Veneto
|
4.867.373
|
147.200
|
30.242
|
115
| |
Friuli
Venezia Giulia
|
1.220.180
|
36.100
|
29.586
|
113
| |
Liguria
|
1.565.258
|
43.900
|
28.046
|
107
| |
Emilia
Romagna
|
4.356.829
|
140.300
|
32.202
|
122
| |
Toscana
|
3.680.273
|
105.500
|
28.666
|
109
| |
Umbria
|
886.098
|
21.650
|
24.433
|
93
| |
Marche
|
1.541.815
|
41.130
|
26.676
|
101
| |
Lazio
|
5.557.715
|
168.200
|
30.264
|
115
| |
Abruzzo
|
1.308.654
|
29.370
|
22.443
|
85
| |
Molise
|
312.379
|
6.370
|
20.392
|
78
| |
Campania
|
5.761.801
|
95.160
|
16.516
|
63
| |
Puglia
|
4.045.893
|
70.800
|
17.499
|
67
| |
Basilicata
|
575.800
|
10.670
|
18.531
|
70
| |
Calabria
|
1.954.897
|
33.450
|
17.111
|
65
| |
Sicilia
|
4.995.009
|
85.500
|
17.117
|
65
| |
Sardegna
|
1.639.942
|
33.100
|
20.184
|
77
| |
TOTALE
ITALIA
|
59.561.204
|
1.566.270
|
26.297
|
100
| |
CentroNord
|
38.966.829
|
1.201.850
|
30.843
|
117
| |
Sud e
Isole
|
20.594.375
|
364.420
|
17.695
|
67
| |
Germania
|
82.036.000
|
2.643.900
|
32.229
|
123
| |
Grecia
|
10.900.000
|
193.749
|
17.775
|
68
| |
Fonti:
Scenarieconomici.it, ISTAT, RGS, Unione Europea.
|
L’Italia è una nazione di circa 60 milioni di abitanti. 40 scarsi
risiedono in un Centro-Nord il cui PIL pro-capite, nonostante la crisi, è a
livelli medi molto vicini alla Germania.
Nello stesso tempo, il Meridione è ai livelli della Grecia.
L’Italia è una riproduzione in scala, pressoché perfetta, della
spaccatura economica dell’eurozona.
Su quando e come si è formata questa divisione, si è scritto a lungo e le
opinioni sono variegate. Studi accreditati affermano che all’unità d’Italia le
differenze erano praticamente inesistenti, e si sono create a partire dagli
ultimi anni dell’Ottocento.
Questo non è del tutto coerente con il fatto che l’espressione “questione
meridionale” fu utilizzata per la prima volta, pare, dal deputato lombardo
Antonio Billia nel 1873.
Comunque il problema era conclamato quando nel 1911 Giustino Fortunato
scrisse “che esista una questione meridionale, nel significato economico e
politico della parola, nessuno più mette in dubbio (nota MC: qualche anno prima evidentemente il dubbio ancora c’era). C’è
tra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle
attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel
genere della produzione, e, quindi, per gl’intimi legami che corrono tra il
benessere e l’anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le
consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale”.
In sintesi, una differenza economica tra nord e sud al tempo dell’unità d’Italia
probabilmente esisteva, ma a livelli abbastanza contenuti – tanto da lasciare
alcuni dubbi sulla sua effettiva rilevanza. L’unione monetaria italiana l’ha fortemente
allargata e resa permanente.
E ciò nonostante l’adozione di TUTTI i provvedimenti (unione fiscale,
unione bancaria, mutualizzazione del debito pubblico, welfare system integrato,
investimenti industriali finanziati o gestiti direttamente dallo Stato) che oggi
ci vengono indicati come “LA” soluzione dell’eurocrisi.
Immaginiamo invece di innestare il progetto Certificati di Credito Fiscale sulla questione meridionale italiana. Secondo l’ipotesi più recente,
potrebbero essere assegnati annualmente 200 miliardi annui, di cui 83 alle
aziende, 70 ai lavoratori e 47 destinabili a una serie di altri interventi
(spesa sociale, sostegno ai ceti economicamente disagiati eccetera).
La quota destinata alle aziende è dimensionata in modo da ottenere una
riduzione del 17-18% circa del costo del lavoro per unità di prodotto delle
aziende private italiane, il che permette di recuperare il delta di
competitività che si è prodotto rispetto alla Germania dall’introduzione dell’euro
a oggi.
I 13,3 milioni circa di dipendenti del settore privato lavorano per circa
tre quarti (10 milioni) in aziende del Centro-Nord e per 3,3 nel Mezzogiorno. Se
la quota di 83 miliardi fosse suddivisa in proporzione sarebbero circa,
rispettivamente, 62 e 21.
L’assegnazione alle aziende del Mezzogiorno potrebbe essere incrementata per
esempio di 15 miliardi, utilizzando una parte dei 47 destinati ad “altri
interventi” ancora da precisare, oppure anche incrementando lo stanziamento
totale annuo a 215. Ricordo che i CCF emettibili non possono, ovviamente, crescere
all’infinito perché equivalgono a un’emissione di moneta e da un certo punto in
poi diventano inflazionistici. Ma il “certo punto” è quanto occorre a
recuperare la differenza tra PIL effettivo e PIL potenziale dell’economia
italiana. “Grazie” alle politiche di austerità, questa differenza sta continuando
ad aumentare e quindi un accrescimento della quota CCF è non solo possibile ma
anche opportuno.
Il recupero di competitività delle aziende private italiane, misurato in
termini di costo del lavoro per unità di prodotto, rimarrebbe del 17-18% circa
al Centro-Nord ma salirebbe a più del 30% dall’Abruzzo in giù.
In termini di recupero economico del Sud, un intervento del genere vale
molto più di parecchi anni di Cassa del Mezzogiorno.
In questo video (min 51.30) Nino Galloni sembra proporre una soluzione simile ai CCF solo che lui li chiama "Buoni Acquisto utilizzabili per pagare le tasse"
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Xe73zmCigoc#!
Il concetto da cui prende le mosse è il medesimo. Molto importante però è l'utilizzo di una parte consistente delle emissioni per ridurre il costo del lavoro per le aziende, riequilibrando la competitività intra area euro. Questo è un punto chiave del progetto CCF.
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